27 Set
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Per il distacco occorre rispettare quanto previsto dall'articolo 1118 comma 3 del codice civile che stabilisce che “Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”.

Tutto facile quindi? Niente affatto dato che se è vero che la giurisprudenza negli anni ha configurato un vero e proprio diritto al distacco dall'impianto centralizzato senza necessità di ottenere una preventiva autorizzazione o approvazione da parte dell’assemblea, con l'unico limite che dal distacco non derivi un aggravio di spese a carico degli altri condomini o alterazioni alla corretta funzionalità dell’impianto stesso.

Non risulta più indispensabile valutare preventivamente se nel regolamento di condominio vi siano contenuti divieti specifici in merito in quanto la Corte di Cassazione con sentenza nr. 11970/17 del 12/05/2017 ha stabilito la nullità della clausola del regolamento di condominio che impedisca il distacco del singolo condomino dall’impianto centralizzato o che lo subordini al consenso dell’assemblea ma occorre produrre all'amministratore la seguente documentazione:

- descrizione degli interventi che si intenderebbe eseguire;

- rilievi sull'abitazione e sulle caratteristiche dello stabile;

- una descrizione delle caratteristiche dell'impianto centralizzato per l'individuazione del calore di cui l'appartamento di chi si distacca andrà a beneficiare per il fatto che sarà confinante con pareti, soffitti o pavimenti o colonne che all'interno godono del passaggio di tubazioni del riscaldamento centralizzato;

- una dichiarazione in merito al fatto che la presenza del riscaldamento autonomo non determinerà un depotenziamento di quello centralizzato o alcun danno al condominio;

- la quantificazione economica del beneficio determinato dall'induzione del calore derivante dal riscaldamento centralizzato.

Occorre quindi un passaggio in assemblea per il recepimento, non l'approvazione, da parte dei condomini distacco comprovato da perizia redatta da un tecnico abilitato che provi come dallo stesso derivi un’effettiva proporzionale riduzione delle spese di esercizio e che escluda qualsiasi rischio di squilibri nel regolare funzionamento dell’impianto centrale.

E' anche opportuno evidenziare come il passaggio dall'impianto centralizzato di riscaldamento ad impianti autonomi non goda più da tempo di quel favore che, in passato, ha trovato in alcune sentenze della Corte di Cassazione venendo anzi, molto spesso, scoraggiato se non addirittura impedito da norme statali e regionali come, ad esempio, hanno fatto la regione Piemonte con legge regionale 13/2007 e delibera di Giunta del 4.8.2009 nr. 46-11968, punto 1.4 e la regione Lombardia con delibera di Giunta nr. IX/2601 del 30.11.2011; art. 6.

Da considerare anche come l'articolo 1118 del codice civile chiami comunque il condomino che si distacca dall'impianto di riscaldamento centralizzato a sostenere le spese di manutenzione straordinaria dello stesso; impianto che il Dpr. 412/1993 identifica come "tutti quegli interventi atti a ricondurre il funzionamento dell'impianto a quello previsto dal progetto o dalla normativa vigente mediante il ricorso in tutto o in parte a mezzi, attrezzature, strumentazioni, riparazioni ricambi di parti, ripristini, previsione o sostituzione di apparecchi o componenti dell'impianto termico" aggiungendo poi:”e per la sua conservazione e messa a norma”, rientrando in tale definizione ulteriori costi non meglio identificati ed identificabili come previsione futura e, sicuramente rientrando nella definizione di "conservazione" tutti quegli interventi necessari nel tempo a mantenerne il regolare funzionamento il che significa, in estrema sintesi, anche le spese relative alla manutenzione ordinaria; le prime perché il condomino che si distacca resta comunque proprietario pro quota dell’impianto comune e, quindi, un giorno potrebbe tornare a preferire il centralizzato; mentre le seconde perché, comunque, si avvantaggia del calore disperso attraverso un indiretto riscaldamento del proprio appartamento su cui passano i tubi condominiali.

Come ultimissima nota poi è da tenere presente l’obbligo di rispettare le normative vigenti sulle canne fumarie, cosa senza dubbio di difficile attuazione pratica negli edifici che sono stati progettati, ab origine, con un sistema centralizzato di riscaldamento e, comunque, con implicazioni non indifferenti sull'estetica del condominio con tutto quanto, ovviamente, ne consegue.

Da evidenziare anche come la riforma poi si trovi in contrasto con alcune disposizioni comunitarie e nazionali.

Attenzione: con rinuncia al servizio si fa riferimento al distacco dall’impianto e non all’ipotesi in cui si resti allacciati al servizio ma si ommetta di servirsene!

06 Set
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L’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del codice civile recita: “Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l'amministratore dispone per le spese ordinarie. L'irrogazione della sanzione è deliberata dall'assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell'articolo 1136 del Codice”. La prima domanda che gli addetti ai lavori si sono posti è stata se la sanzione potesse essere comminata dall'amministratore, se fosse necessario un passaggio assembleare o come altro procedere per evitare la possibilità di innescare ulteriori contenziosi piuttosto che risolvere i problemi come, probabilmente, era nelle intenzioni del legislatore ed a risolvere la questione è stato il d.l. n. 145/2013, ovvero il così detto decreto Destinazione Italia, il quale modificando l’articolo 70 di cui sopra ha specificato che la sanzione può essere irrogata dall'assemblea con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti alla riunione ed almeno la metà del valore millesimale dell'edificio. E’ importante peraltro che la previsione della sanzione sia contenuta espressamente nel regolamento condominiale e non semplicemente deliberata in sede di assemblea; se invece il regolamento non dovesse contenere tale previsione lo si potrà eventualmente modificare in sede di assemblea di condominio inserendo detta proposta all’ordine del giorno ed approvandola con la maggioranza prevista dall’articolo 1136 secondo comma del codice civile, ovvero a maggioranza dei presenti in assemblea e sempre che questi rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio. Il condomino sanzionato potrà impugnare la delibera assembleare entro 30 giorni dalla data dell’assemblea, se presente, o dalla data di ricezione del verbale della stessa. Ovviamente non possono essere previste sanzioni pecuniarie di importo superiore a quello stabilito dalla legge, pertanto saranno ritenute illegittime eventuali delibere assembleari che dovessero prevedere sanzioni di importo maggiore. Per l'applicazione della sanzione, se da un lato è chiaro che sia di competenza dell'assemblea, dall’altro non si comprende quali debbano essere le modalità di accertamento della violazione pertanto, al fine di evitare possibili contestazioni in merito alla nullità della delibera per violazione del diritto dei singoli condomini o di annullabilità per eventuali eccessi di potere, l’accertamento dovrà essere fondato su elementi documentali che dovranno entrare a fare parte del verbale d'irrogazione della sanzione così che sia sempre possibile dimostrare la violazione. Sarebbe utile, quindi, prevedere una procedura di accertamento chiara e precisa. Attenzione! Le multe possono essere applicate solo nei confronti dei condomini, per cui sono da considerarsi illegittime le sanzioni applicate, per esempio, ai conduttori (in caso di contratto di locazione o di affitto).

22 Giu
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l'articolo 2 della Direttiva Macchine 2006/42/CE, recepita e resa obbligatoria dal D. Lgs. 17/2010, identifica come macchine cancelli con ante scorrevoli e battenti, porte, sbarre automatiche, serrande, etc. prescrivendo che siano corredati di un fascicolo tecnico e di un libretto d'uso e manutenzione predisposti dal costruttore/installatore, che siano marcati CE e che siano soggetti a manutenzione obbligatoria secondo quanto previsto dal DM 37/2008 oltre che sottoposti a controlli periodici, necessari a garantire sia il loro regolare funzionamento che il rispetto ed il mantenimento dei requisiti di sicurezza che sono previsti dalle normative vigenti.

Per quanto sopra elencato ci si deve quindi accertare di essere in possesso del fascicolo tecnico della macchina e, qualora mancante, se ne deve richiedere, a mezzo lettera raccomandata o PEC, una copia al costruttore o all’installatore; se nonostante tale richiesta dovesse risultare ancora mancante si dovrà procedere ad incaricare un soggetto terzo per l'esecuzione di una procedura completa di analisi dei rischi che consenta di ricostruire la documentazione tecnica riportante le caratteristiche della macchina e la tipologia degli interventi manutentivi da effettuare rilasciando la Dichiarazione di Rispondenza della macchina secondo quanto previsto dal D.M. 37/2008.

Altra cosa indispensabile alla quale si dovrà provvedere per stare tranquilli è quella di affidare la manutenzione della macchina ad una ditta specializzata e che tale manutenzione preveda l’esecuzione degli interventi tenendo conto e rispettando le indicazioni contenute nel manuale di uso e di manutenzione.

Si dovrà poi provvedere ad affidarne la verifica periodica ad un organismo di ispezione in modo che mantenga aggiornata l'analisi dei rischi, provvedendo a verificare sia il corretto funzionamento sia il mantenimento dei requisiti di sicurezza della macchina previsti in fase di certificazione iniziale e, in presenza di eventuali non conformità che dovessero risultare segnalate sul verbale ispettivo, si dovrà, ovviamente, porvi rimedio immediatamente.

Fatta questa premessa andiamo quindi a distinguere come comportarsi in presenza di una nuova installazione ed in presenza di un impianto esistente.

Impianto di nuova installazione: l’amministratore del condominio deve ricevere dall'azienda installatrice: la Dichiarazione di Conformità CE dell’impianto in base alla Direttiva Macchine e alle norme di sicurezza collegate; il manuale di uso e manutenzione ed il registro delle manutenzioni, che dove essere conservato e aggiornato ad ogni intervento.

Impianto esistente: nel caso esso sia datato e privo della necessaria documentazione si dovrà richiedere all’installatore la valutazione dell’idoneità di tutti i suoi componenti, la verifica del funzionamento dell’automazione e dei componenti accessori, la misurazione delle forze, e la relazione sullo stato dell’impianto indicando gli interventi necessari per la sua messa a norma. Inoltre si dovranno richiedere il rilascio della dichiarazione CE di conformità ed il libretto di manutenzione.

E’ opportuno sottolineare come la manutenzione periodica sia obbligatoria e che è la stessa Direttiva Macchine che istituisce l’obbligo della manutenzione annuale, o semestrale, in base all’utilizzo di alcuni dispositivi di sicurezza; sarà lo stesso installatore a fornire le informazioni giuste riguardo.

Il proprietario o l’amministratore del condominio sono tenuti, pertanto, ad attivare un servizio di manutenzione programmata sottoscrivendo un contratto di manutenzione.

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