15 Set
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L’Agenzia delle Entrate ha specificato che tutti i contribuenti, eventualmente anche titolari di redditi di impresa, che possiedono l’immobile in cui viene effettuato un intervento tra quelli previsti dal Decreto Legislativo del Presidente della Repubblica numero 115 del 30 maggio 2008, e successive modificazioni e proroghe, possono usufruire della detrazione fiscale del 50/65%, prevista per le ristrutturazioni edili e per l’efficientamento energetico di abitazioni, uffici e aziende.

 Il D.P.R. 115/2008, emesso in attuazione della direttiva comunitaria numero 32/2006, articolo 2, si riferisce agli interventi volti ad aumentare l’efficienza energetica degli edifici ed alla riduzione del fabbisogno di energia elettrica previsti nei settori del riscaldamento, del raffreddamento, della ventilazione e della illuminazione.

 Rientra pienamente tra gli interventi volti al risparmio energetico l’applicazione delle luci a led in sostituzione dell’illuminazione tradizionale, ovvero delle lampade ad incandescenza o a fluorescenza.

Ovviamente il risparmio energetico conseguito va monitorato prima e dopo l’intervento stesso, mediante apposita relazione asseverata di professionisti certificati che va inoltrata all’ENEA.

 

 

Ultima modifica il Mercoledì, 17 Settembre 2014 08:31
20 Ago
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La legge n. 220/2012 di c.d. “riforma del condominio” afferma, all’art. 63, comma II, delle disposizioni di attuazione al codice civile, che: “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini….”. Sennza entrare troppo in sottigliezze giuridiche è evidente che con questa norma il  legislatore ha introdotto un principio che, di fatto, accoglie – temperandolo - il criterio della parziarietà delle obbligazioni condominiali già affermato dalla giurisprudenza di legittimità. Come è noto la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 8 aprile 2008, n. 9114 aveva provocato numerose problematiche applicative sulla scorta delle quali sono scaturite molteplici posizioni dottrinarie alcune decisamente ostili altre decisamente favorevoli ai contenuti della suddetta pronuncia. Secondo il principio della parziarietà parte della dottrina riteneva che il conto corrente non potesse essere “aggredito” in quanto sullo stesso “transitano” le quote, e solo quelle, dei condomini solventi determinandosi così un contrasto con il principio enucleato nella sentenza.

La soluzione adottata dalla legge di riforma, con l’introduzione della “preventiva escussione” sembra, in pratica, lasciare inalterata la situazione. Una possibile soluzione potrebbe essere trovata interpretando il citato secondo comma dell’art 63 disp. att. c.c.. La disposizione, infatti, sembrerebbe consentire al creditore di agire dapprima nei confronti del condominio e, successivamente, dei condomini morosi e dei solventi. Si tratta di una soluzione adottata in alcune sentenze di merito che hanno motivato la decisione facendo leva sullla qualificazione del condominio come centro autonomo d’imputazione di distinte posizioni giuridiche. Sulla questione, come era prevedibile, i giuristi si stanno ancora confrontando perché la norma, ovviamente, potrebbe essere letta anche in modo opposto e cioè che il creditore non possa pignorare il conto corrente condominiale se non dopo aver escusso i condomini morosi in ragione della insussistenza della autonomia patrimoniale del condominio.

Va infine rilevato che la norma, peraltro, non specifica se il creditore debba dimostrare di avere solo tentato di escutere il condomino moroso per poter agire nei confronti del condominio o se debba invece dimostrare di aver escusso, pro quota, il patrimonio del condomino moroso ipotesi, quest’ultima, che allontana sempre di più la possibilità per i terzi creditori di ottenere un rapido recupero del credito.



 

 

Ultima modifica il Giovedì, 21 Agosto 2014 12:14
08 Ago
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Ogni condomino, come noto, ha il dovere di corrispondere le spese relative alla gestione ed alla conservazione delle cose comuni e, quindi, ha l'obbligo di pagare le spese condominiali alle scadenze pattuite, senza che sia necessario l’invio di particolari avvisi o promemoria da parte dell’amministratore.

 

 

 

La Suprema Corte di Cassazione, così come del resto la dottrina, ha avuto modo di chiarire come questo genere di obbligazioni “sussiste ogni qual volta ad un diritto reale, esclusivo o frazionario, si accompagna una obbligazione, la cui origine si riconduce alla titolarità del diritto sul bene: contestuale titolarità in capo allo stesso soggetto del diritto e dell'obbligo”.

 

 

 

Nel caso del condominio la misura dell'obbligo contributivo è determinata in base ai valori millesimali dell'unità immobiliare utilizzati per ripartire le spese approvate nelle rendicontazioni di spesa preventive e consuntive.

 

 

 

L'amministratore, da parte sua, ha il preciso obbligo di riscuotere i contributi, eventualmente anche tramite azione giudiziaria, come previsto dall’articolo  63 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

 

 

 

E' prassi, ma non obbligo, che l’amministratore prima di passare la pratica al legale proceda all’invio di uno o più solleciti scritti sollecitando direttamente il condomino moroso e questo sollecito è da considerarsi come un'attività extra rispetto a quella ordinaria che dovrebbe limitarsi al massimo a ricordare le scadenze., pertanto il sollecito di pagamento deve essere inteso come una comunicazione personale inviata dall’amministratore al condomino ed il cui costo viene a ricadere, inevitabilmente, sullo stesso.

 

 

 

E’ utile evidenziare come il sollecito inviato da parte dell'amministratore abbia lo stesso ed identico valore legale della lettera di messa in mora inviata dall'avvocato.

 

 

 

Generalmente l’amministratore nella propria offerta presentata all’atto della propria nomina indica chiaramente che le spese relative ai solleciti di pagamento ed alla eventuale predisposizione della documentazione necessaria per la presentazione del decreto ingiuntivo da parte di un legale verrà addebitata a carico del condomino moroso, risolvendosi pertanto a monte la questione se tali spese debbano essere a carico del condomino o dell’intero condominio; nel caso in cui dovesse invece mancare questo passaggio, salvo diversa indicazione prevista nel regolamento di condominio, la spesa per il sollecito dovrà essere ripartita tra tutti i condomini ai sensi dell'articolo 1123 del codice civile come spesa necessaria per la gestione delle parti comuni.

 

 

Appare pertanto ben evidente l’importanza di presentare da parte dell’amministratore, e da parte dei condomini, di valutare ed accettare all’atto della nomina dello stesso offerte complete che indichino singolarmente le eventuali voci di spesa.

Ultima modifica il Venerdì, 08 Agosto 2014 14:30

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