02 Ott
Marco Lombardozzi
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Attualmente il 35% degli edifici dell’Unione Europea ha più di 50 anni, quasi il 75% del parco immobiliare risulta inefficiente dal punto di vista energetico ed il tasso medio annuo di rinnovamento energetico è pari all’1% circa e, come ha riportato la Commissione Europea nel 2021 in pratica gli edifici residenziali sono responsabili per circa il 9% del totale delle emissioni di gas serra.

Partendo da questi presupposti l’8 maggio 2024 è stata pubblicata, entrando in vigore ufficialmente come legge dell’Unione europea 20 giorni dopo, la nuova direttiva europea EPBD – Energy Performance of Building Directive – denominata Case green ed i paesi membri dell’Unione avranno due anni di tempo per recepirla.

La direttiva fa parte del pacchetto di riforme Fit for 55 e l’obiettivo che punta a raggiungere è la riduzione progressiva delle emissioni di CO2 del parco immobiliare europeo con la totale decarbonizzazione entro il 2050 attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio europeo e il miglioramento dell’efficienza energetica.

Il testo è entrato in vigore martedì 28 maggio 2024, ovvero venti giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale; i singoli Stati membri avranno due anni per recepirne i contenuti. Alcune misure, però, dovranno essere adottate già nei prossimi mesi.

Obiettivo della direttiva è stimolare la riqualificazione energetica di edifici pubblici e privati in tutta Europa riducendo così i consumi energetici e le emissioni di CO2 del parco immobiliare.

La direttiva EPBD prevede la possibilità per i Paesi membri di richiedere deroghe sugli edifici alla Commissione europea e gli obiettivi intermedi saranno definiti in base al patrimonio edilizio, al sistema nazionale di classificazione energetica e alle strategie di ristrutturazione adottate da ciascun Paese.

Per perseguire gli obiettivi che si pone, la direttiva europea definisce il quadro comune generale di una nuova metodologia per il calcolo della prestazione energetica integrata degli edifici e delle unità immobiliari e l’applicazione di nuovi requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici.

Le politiche energetiche degli stati membri dovranno perseguire l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e già dal 1° gennaio 2030 tutti i nuovi edifici dovranno garantire emissioni zero in loco, ogni Stato membro dovrà adottare un piano nazionale di ristrutturazione che preveda la riduzione progressiva del consumo di energia degli edifici residenziali e pubblici, inoltre ogni paese potrà stabilire autonomamente su quali edifici concentrarsi.

Complessivamente, il 55% della riduzione dei consumi energetici dovrà essere ottenuta attraverso la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni inferiori.

Entro l’anno 2030 le ristrutturazioni dovranno coinvolgere il 15% degli immobili non residenziali ed entro l’anno 2033 il 26% degli edifici di classe energetica più bassa.

Secondo le definizioni della direttiva, il 43% degli immobili meno efficienti dovrà essere riqualificato dal punto di vista energetico.

In Italia secondo i dati Istat gli edifici residenziali sono circa 12 milioni e di questi 5 milioni rientrano nella categoria di edifici con le prestazioni più scadenti.

Dal 1° gennaio 2030 tutti i nuovi edifici dovranno essere a zero emissioni (ZEmB – zero emission buildings) e dal 1° gennaio 2028 anche tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione.

Entro il 1° gennaio 2040, e successivamente ogni 5 anni, il consumo medio di energia primaria dovrà essere equivalente o inferiore al valore determinato a livello nazionale che dovrà derivare da un progressivo calo del consumo medio di energia primaria dal 2030 al 2050 in linea con la trasformazione del parco immobiliare residenziale in un parco immobiliare a emissioni zero.

Gli Stati membri dovranno provvedere in modo che almeno il 55% del calo del consumo medio di energia primaria sia ottenuto attraverso la ristrutturazione del 43% degli edifici residenziali che attualmente rientrano nella categoria con le prestazioni peggiori.

La direttiva Case green richiede ad ogni Stato membro dell’Unione Europea di impegnarsi nell’implementazione di un nuovo piano di riqualificazione degli edifici adottando misure volte a garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata dagli edifici residenziali ed entro il 29 maggio 2026 ogni Stato membro dovrà stabilire un piano nazionale per la ristrutturazione progressiva del proprio parco immobiliare residenziale durante il periodo 2020-2050 individuando il numero di edifici residenziali e di unità immobiliari residenziali da ristrutturare ogni anno, compreso il numero o la superficie coperta del 43% degli edifici residenziali con le prestazioni peggiori e delle unità immobiliari residenziali.

La direttiva prevede inoltre che gli Stati membri dovranno provvedere affinchè il consumo medio di energia primaria espresso in kWh/ (m² a) dell’intero proprio parco immobiliare residenziale diminuisca di almeno del 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035e dovranno inoltre garantire che i nuovi edifici siano solar-ready, cioè idonei a ospitare impianti fotovoltaici o solari termici sui tetti e gli Stati membri saranno obbligati a installare entro il 31 dicembre 2026 impianti solari  su tutti i nuovi edifici pubblici e non residenziali con una superficie utile superiore a 250 m², entro il 31 dicembre 2027 su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 2000 m²; entro il 31 dicembre 2028 su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 750 m²; entro il 31 dicembre 2030 su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 250 m²; entro il 2027 su tutti gli edifici non residenziali esistenti con una superficie utile superiore a 500 m² in cui l’edificio subisce un intervento che richiede un permesso amministrativo rilevante ed entro il 31 dicembre 2029 su tutti i nuovi edifici residenziali e su tutti i nuovi parcheggi coperti adiacenti fisicamente agli edifici.

Per quanto riguarda le caldaie alimentate da combustibili fossili la direttiva prevede una strategia graduale per arrivare gradualmente all’eliminazione dell’uso dei combustibili fossili nel settore del riscaldamento e del raffreddamento, con l’obiettivo finale di eliminare completamente le caldaie alimentate da tali combustibili entro il 2040 e, per raggiungere questo obiettivo, invita gli Stati membri a formulare misure specifiche per facilitare questa transizione nel settore del riscaldamento e del raffreddamento prevedendo la sospensione dei contributi per l’installazione di caldaie autonome che funzionano con combustibili fossili a partire dal 1° gennaio 2025 mantenendo solo quelli per i sistemi ibridi che associano alla caldaia a gas una pompa di calore.

Ci sono ovviamente anche delle deroghe risultando esclusi dagli obblighi previsti dalla nuova Direttiva EPBD gli edifici vincolati e protetti, gli immobili storici, gli edifici temporanei, le chiese, le abitazioni indipendenti con superficie < 50 m2, le seconde case occupate per meno di 4 mesi all’anno ed è prevista anche la possibilità di esentare l’edilizia sociale pubblica nei casi in cui i lavori di riqualificazione farebbero aumentare gli affitti in modo sproporzionato rispetto al risparmio che verrebbe ottenuto nelle bollette energetiche.

La direttiva all’articolo 17 chiede agli Stati membri di incentivare con un maggiore sostegno finanziario, fiscale, amministrativo e tecnico la ristrutturazione profonda e la ristrutturazione profonda per fasi il che significa la possibilità, nei casi in cui non sia tecnicamente o economicamente fattibile trasformare un edificio in un edificio a zero emissioni, di agevolare come una ristrutturazione profonda quegli interventi che riescano ad ottenere una riduzione di almeno il 60 % del consumo di energia primaria.

Per ristrutturazione profonda si intende una ristrutturazione in linea con il principio che l’efficienza energetica debba essere tenuta sempre al primo posto e che si concentra sugli elementi edilizi essenziali trasformando un edificio o un’unità immobiliare in un edificio a energia quasi zero entro l’anno 2029 ed in un edificio a zero emissioni dall’anno 2030 in poi.

La direttiva prevede inoltre che gli edifici residenziali con più di tre posti auto, siano essi di nuova costruzione o sottoposti ad una ristrutturazione importante, dovranno garantire l’installazione di pre-cablaggio per almeno il 50% dei posti auto e la presenza di condotti per cavi elettrici per i restanti posti auto così da permettere l’installazione, in un secondo momento, di punti di ricarica per veicoli elettrici, cicli assistiti elettricamente e altri tipi di veicoli di categoria , la presenza di almeno due spazi per il parcheggio delle biciclette per ogni unità abitativa e ’installazione di almeno un punto di ricarica.

In Italia, dove il dato riferito alle emissioni di gas serra da pate degli edifici sale al 12,5% a causa della loro età, secondo le stime le ristrutturazioni dovranno coinvolgere il 15% degli immobili in classe F e G entro l’anno 2030 ed il 26% degli edifici di classe energetica più bassa entro l’anno 2033 il che significa che nel giro di pochi anni dovranno essere riqualificati oltre 500.000 edifici pubblici e circa 5.000.000 di edifici privati, quelli con le prestazioni energetiche più scadenti.

La direttiva Case green ha creato non poche preoccupazioni e perplessità tra i proprietari di immobili così come tra gli addetti ai lavori perché comporterà, inevitabilmente, dei costi che dovranno essere sostenuti per adeguarsi, peraltro nella sua versione definitiva non sono previste sanzioni né obblighi di procedere con le ristrutturazioni ed è sparito, essendo stato stralciato dal testo originale del dicembre 2023, il divieto di vendita o affitto inizialmente contenuto in esso.

Da segnalare il volume “La consistenza del parco immobiliare nazionale” che l’ENEA ha pubblicato allo scopo di delineare gli scenari di intervento e di risparmio energetico in ottemperanza alla nuova Direttiva case green.

ENEA si è avvalso della collaborazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e dei dati presenti sul Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica (SIAPE) per identificare il numero e la superficie degli edifici residenziali e non residenziali presenti in Italia, la superficie totale degli edifici di proprietà della pubblica amministrazione, la quota di immobili pubblici sottoposti a vincoli che potrebbero essere soggetti a deroghe secondo le Direttive europee e la prestazione energetica degli edifici a inizio 2020.

I dati più interessanti che emergono dalla ricerca sono che, secondo il censimento ISTAT del 2011, in Italia sono presenti circa 12 milioni di edifici a uso residenziale ai quali si aggiungono oltre 1,5 milioni di edifici o complessi di edifici a uso non residenziale, per un totale di 13.763.857 edifici o complessi di edifici utilizzati.

Emerge anche come il 60% del parco edilizio italiano abbia un’età di 45 anni e, pertanto, costruito prima dell’entrata in vigore della Legge 373/1976 ovvero della prima legge sul risparmio energetico.

Premesso che il campione di immobili certificati censiti nel SIAPE non può comunque essere considerato totalmente rappresentativo dell’intero parco immobiliare a causa della bassa percentuale di immobili dotati di attestato,, è interessante rilevare che gli APE con data di emissione fino al 31 dicembre 2023 sono circa 4,6 milioni, pari quindi al 13,07% rispetto al totale delle abitazioni, e che il 70,4% degli immobili ricade nelle classi energetiche meno efficienti (E, F e G) mentre rientra in una classe superiore alla B (A1-A4) solo l’11% di essi.

18 Set
Marco Lombardozzi
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L’acqua potabile che utilizziamo quotidianamente deve essere salubre, pulita e la sua qualità deve essere garantita rivestendo un aspetto cruciale per la salute ed il benessere delle persone.

L’acqua potabile può essere soggetta a diverse contaminazioni, tra cui contaminazioni chimiche dovute alla presenza di metalli pesanti, pesticidi e altre sostanze chimiche, a contaminazioni biologiche da batteri, virus e altri microrganismi patogeni e contaminazioni fisiche legate alla presenza di particelle solide in sospensione, come sedimenti.

Prima dell’entrata in vigore del Dlgs 18/2023 gli obblighi di verifica della salubrità dell’acqua gravavano esclusivamente sul gestore dell’acqua fino al punto di consegna, cioè il contatore, e non erano previsti come obbligo controlli periodici sulla qualità dell’acqua da parte dei proprietari degli immobili e degli amministratori, come confermato dal parere del Ministero della Salute del 10 giugno 2004.

L’entrata in vigore del Dlgs 18/2023 stabilisce che dal punto di consegna la responsabilità della qualità dell’acqua ricade sul gestore della distribuzione interna e questo comporta obblighi generali più gravosi e costosi rispetto al passato, sia in termini di qualità e salubrità dell’acqua che per quanto riguarda le eventuali perdite dell’impianto.

L’articolo 4 del Dlgs 18/2023 impone una serie di controlli e misure preventive per assicurare che l’acqua distribuita negli edifici residenziali sia sicura e conforme agli standard di qualità ampliando i parametri di salubrità da monitorare, aggiungendo la verifica della presenza di piombo, uranio a quella della legionella.

La normativa prevede controlli periodici della qualità dell’acqua mediante analisi chimiche e microbiologiche per garantire che i parametri siano entro i limiti consentiti ed alcuni dei principali aspetti normativi includono la Gestione del rischio, ovvero l’identificazione e la valutazione dei potenziali rischi di contaminazione lungo tutto il percorso dell’acqua, dal punto di consegna dell’acquedotto fino al rubinetto dei residenti con interventi correttivi immediati, in caso di non conformità, per ripristinare la qualità dell’acqua.

Tutti i risultati delle analisi e le azioni intraprese devono essere documentati e resi disponibili ai residenti del condominio.

E’ bene sapere che è necessaria un’attenzione particolare nei condomini dove sono presenti filtri, sistemi di addolcimento delle acque o vasche di riserva idrica a monte della distribuzione. Questi elementi andranno puliti e sanificati con regolarità, rappresentando i punti di maggiore criticità.

Gli organismi di certificazione raccomandano di eseguire con cadenza annuale almeno un prelievo in centrale termica e un prelievo per ogni colonna montante per verificare l’intera rete condominiale.

Le procedure di analisi dell’acqua in condominio generalmente includono il prelievo di campioni dell’acqua in diversi punti della rete idrica condominiale, la verifica in merito all’eventuale presenza di metalli pesanti, sostanze chimiche pericolose e altri contaminanti, la ricerca di batteri, virus e altri microrganismi patogeni mediante analisi batteriologiche ed il controllo in merito alla torbidità, colore e odore dell’acqua. Queste analisi devono essere eseguite da laboratori accreditati che utilizzino metodi standardizzati per garantire risultati affidabili e conformi alle normative vigenti ed è, quindi, necessario affidarsi a professionisti qualificati e laboratori accreditati per le analisi dell’acqua.

Gli amministratori di condominio sono pertanto tenuti ad effettuare i controlli e gli interventi previsti dalle nuove norme ed il mancato rispetto dei parametri di qualità comporta sanzioni pecuniarie che vanno da 5.000,00 a 30.000,00 euro mentre, in caso di violazione degli adempimenti di trasmissione dei risultati dei controlli interni ai due nuovi organi istituiti dal Dlgs 18/2023, le sanzioni variano tra 500,00 e 5.000,00 euro.

La valutazione e gestione del rischio effettuata ai sensi del comma 1 si basa sui principi generali della valutazione e gestione del rischio stabiliti secondo le Linee Guida per la valutazione e la gestione del rischio per la sicurezza dell’acqua nei sistemi di distribuzione interni degli edifici ai sensi della direttiva UE 2020/2184, Rapporto ISTISAN 22/32.

28 Dic
Marco Lombardozzi
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Da tempo, anche se in molti non si sono ancora adeguati o non sono aggiornati in merito, è in vigore l’obbligo di manutenzione ordinaria e di certificazione da parte di tecnici qualificati ed abilitati, che devono eseguire verifiche periodiche provvedendo ad annotarle su di un apposito libretto, di cancelli motorizzati di ogni genere, portoni automatici, barriere motorizzate, porte basculanti e serrande motorizzate, porte sezionali motorizzate, porte automatiche pedonali, dissuasori di traffico e molto altro ancora.

In pratica tutti quei mezzi in movimento che introducono fattori di rischio nel loro utilizzo trattandosi di mezzi in movimento, devono essere marcati CE e rientrano nel campo di applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CE recepita in Italia con il D. Lgs 17/2010.

Occorre distinguere tra la definizione di macchina e quella di quasi macchina, recentemente introdotta:

MACCHINA: insieme di organi fissi e mobili collegati tra di loro, anche in modo solidale, ed azionata da sistemi elettrici o da autori di potenza con il fine di generare applicazioni ben determinate quali: spostamento, trasformazioni, generazioni.

QUASI MACCHINA: insieme di organi e/o sistemi che non costruiscono o non generano azioni determinate, una quasi macchina ha un funzionamento autonomo ed è destinata ad essere parte di una macchina odi un impianto più grande.

I rischi maggiori per gli utenti, in particolare modo per persone debilitate e bambini, sono costituiti dalle parti in movimento e sono di tipo meccanico e di tipo elettrico.

I rischi di tipo meccanico sono: impatto, schiacciamento, cesoiamento, convogliamento, taglio, uncinamento, sollevamento e inciampo.

I rischi di tipo elettrico sono: elettrocuzione da contatti diretti ed indiretti.

Questi rischi tendono ad aumentare nel tempo a causa dell’usura o per possibili manomissioni e per questo motivo è obbligatorio effettuare verifiche periodiche per accertarne lo stato di manutenzione e conservazione.

Queste verifiche riguardano gli aspetti di sicurezza connessi alle parti in movimento con riferimento alla Norma UNI EN 12453/17 che specifica i requisiti ed i metodi di prova relativi alla sicurezza d'uso per quialsiasi tipo di porta, cancello o barriera ad azionamento motorizzato in areee alla portata delle persone e devono essere documentate attraverso appositi rapporti di prova che devono contenere i riferimenti agli strumenti usati.

Le verifiche sono di due tipi, ordinarie e straordinarie.

Le verifiche straordinarie possono rendersi necessarie in caso di verifica periodica con esito negativo, di modifiche sostanziali, in caso di incidenti anche se non necessariamente seguiti da infortuni e su richiesta del proprietario o dell’amministratore del condominio in qualità di legale rappresentante.

E’ bene quindi conoscere le responsabilità che sono legate all’installazione ed all’utilizzo di queste macchine distinguendo tra quelle in capo al costruttore/fornitore e quelle in capo al proprietario/utilizzatore.

Il produttore/fornitore della macchina ha la completa responsabilità e deve realizzare una macchina sicura;

L’installatore che automatizza una porta o un cancello preesistente è responsabile di dichiarare la conformità del prodotto alle Direttive Europee, pertanto dovrà:

Ø  Progettare correttamente la macchina e, attraverso una corretta analisi dei rischi, eseguire il corretto dimensionamento dell’impianto rispettando almeno i requisiti normativi minimi di sicurezza.

Ø  Realizzare l’impianto secondo la regola dell’arte, ovvero eseguire il lavoro secondo il progetto e rispettando le indicazioni dei produttori di ciascun componente dell’automazione.

Ø  Collaudare la macchina eseguendo la verifica funzionale dell’intera automazione e dei singoli componenti.

Ø  Predisporre rapporti di prova e verifiche.

Ø  Redigere la dichiarazione CE di conformità ovvero il documento attraverso il quale l’installatore dichiara che la macchina è conforme a tutti i requisiti essenziali delle direttive che la riguardano e, quindi, a norma di legge, consegnandone una copia al proprietario.

Ø  Apporre sulla porta motorizzata una targhetta con i propri estremi ed i dati identificativi della macchina.

Ø  Apporre sulla porta motorizzata la marcatura CE.

Ø  Realizzare il fascicolo tecnico.

Il fascicolo tecnico deve essere tenuto a disposizione per dieci anni in caso di richiesta da parte delle autorità competenti, ed è costituito da una raccolta dei seguenti documenti: analisi dei rischi e soluzioni adottate, disegni, schemi elettrici, elenco dei componenti utilizzati, dichiarazione di conformità, ecc.

Il fascicolo tecnico deve essere tenuto a disposizione per dieci anni e fornito in caso di richiesta da parte delle autorità competenti.

Il proprietario deve ricevere da parte dell’installatore:

Ø  Copia della dichiarazione CE di conformità, documento attraverso il quale il proprietario può dimostrare che il cancello automatico è stato realizzato da un installatore professionista che si è assunto la responsabilità di realizzare una macchina che risulta essere conforme a tutti i requisiti essenziali delle direttive che la riguardano.

Ø  Il manuale d’uso che deve indicare in maniera chiara e facilmente comprensibile i metodi corretti per un utilizzo sicuro della macchina ed il comportamento da mantenere in caso di rotture o assenza di alimentazione.

Ø  Le istruzioni per la manutenzione ordinaria, l’elenco e la cadenza periodica degli interventi di manutenzione necessari ad assicurare, nel tempo, il funzionamento sicuro dell’impianto.

il proprietario ha, quindi, il compito di usare la macchina con le opportune precauzioni seguendo quanto viene prescritto nel libretto di istruzioni, e l’obbligo di mantenerla al massimo dell’efficienza attraverso le verifiche periodiche previste nel piano manutenzione richiedendole a personale qualificato che le esegua secondo procedure standardizzate.

Il verbale di verifica viene redatto in seguito all’esecuzione delle verifiche a vista, dell’analisi documentale e dell’esecuzione delle misure strumentali e serve per dichiarare la permanenza o meno dei requisiti di sicurezza ed all’avvenuto adempimento degli obblighi di mantenimento in sicurezza degli impianti e delle attrezzature.

Da tenere ben presente che in caso di danni a persone e/o cose dovuti al macanto controllo e/o manutenzione periodico, si configura la responsabilitàper colpa per non avere agito con diligenza, prudenza e perizia ex art. 2087 del Codice Civile.

 

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