02 Ott

La direttiva Case green

78 volte Ultima modifica il Mercoledì, 02 Ottobre 2024 14:27
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Attualmente il 35% degli edifici dell’Unione Europea ha più di 50 anni, quasi il 75% del parco immobiliare risulta inefficiente dal punto di vista energetico ed il tasso medio annuo di rinnovamento energetico è pari all’1% circa e, come ha riportato la Commissione Europea nel 2021 in pratica gli edifici residenziali sono responsabili per circa il 9% del totale delle emissioni di gas serra.

Partendo da questi presupposti l’8 maggio 2024 è stata pubblicata, entrando in vigore ufficialmente come legge dell’Unione europea 20 giorni dopo, la nuova direttiva europea EPBD – Energy Performance of Building Directive – denominata Case green ed i paesi membri dell’Unione avranno due anni di tempo per recepirla.

La direttiva fa parte del pacchetto di riforme Fit for 55 e l’obiettivo che punta a raggiungere è la riduzione progressiva delle emissioni di CO2 del parco immobiliare europeo con la totale decarbonizzazione entro il 2050 attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio europeo e il miglioramento dell’efficienza energetica.

Il testo è entrato in vigore martedì 28 maggio 2024, ovvero venti giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale; i singoli Stati membri avranno due anni per recepirne i contenuti. Alcune misure, però, dovranno essere adottate già nei prossimi mesi.

Obiettivo della direttiva è stimolare la riqualificazione energetica di edifici pubblici e privati in tutta Europa riducendo così i consumi energetici e le emissioni di CO2 del parco immobiliare.

La direttiva EPBD prevede la possibilità per i Paesi membri di richiedere deroghe sugli edifici alla Commissione europea e gli obiettivi intermedi saranno definiti in base al patrimonio edilizio, al sistema nazionale di classificazione energetica e alle strategie di ristrutturazione adottate da ciascun Paese.

Per perseguire gli obiettivi che si pone, la direttiva europea definisce il quadro comune generale di una nuova metodologia per il calcolo della prestazione energetica integrata degli edifici e delle unità immobiliari e l’applicazione di nuovi requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici.

Le politiche energetiche degli stati membri dovranno perseguire l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e già dal 1° gennaio 2030 tutti i nuovi edifici dovranno garantire emissioni zero in loco, ogni Stato membro dovrà adottare un piano nazionale di ristrutturazione che preveda la riduzione progressiva del consumo di energia degli edifici residenziali e pubblici, inoltre ogni paese potrà stabilire autonomamente su quali edifici concentrarsi.

Complessivamente, il 55% della riduzione dei consumi energetici dovrà essere ottenuta attraverso la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni inferiori.

Entro l’anno 2030 le ristrutturazioni dovranno coinvolgere il 15% degli immobili non residenziali ed entro l’anno 2033 il 26% degli edifici di classe energetica più bassa.

Secondo le definizioni della direttiva, il 43% degli immobili meno efficienti dovrà essere riqualificato dal punto di vista energetico.

In Italia secondo i dati Istat gli edifici residenziali sono circa 12 milioni e di questi 5 milioni rientrano nella categoria di edifici con le prestazioni più scadenti.

Dal 1° gennaio 2030 tutti i nuovi edifici dovranno essere a zero emissioni (ZEmB – zero emission buildings) e dal 1° gennaio 2028 anche tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione.

Entro il 1° gennaio 2040, e successivamente ogni 5 anni, il consumo medio di energia primaria dovrà essere equivalente o inferiore al valore determinato a livello nazionale che dovrà derivare da un progressivo calo del consumo medio di energia primaria dal 2030 al 2050 in linea con la trasformazione del parco immobiliare residenziale in un parco immobiliare a emissioni zero.

Gli Stati membri dovranno provvedere in modo che almeno il 55% del calo del consumo medio di energia primaria sia ottenuto attraverso la ristrutturazione del 43% degli edifici residenziali che attualmente rientrano nella categoria con le prestazioni peggiori.

La direttiva Case green richiede ad ogni Stato membro dell’Unione Europea di impegnarsi nell’implementazione di un nuovo piano di riqualificazione degli edifici adottando misure volte a garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata dagli edifici residenziali ed entro il 29 maggio 2026 ogni Stato membro dovrà stabilire un piano nazionale per la ristrutturazione progressiva del proprio parco immobiliare residenziale durante il periodo 2020-2050 individuando il numero di edifici residenziali e di unità immobiliari residenziali da ristrutturare ogni anno, compreso il numero o la superficie coperta del 43% degli edifici residenziali con le prestazioni peggiori e delle unità immobiliari residenziali.

La direttiva prevede inoltre che gli Stati membri dovranno provvedere affinchè il consumo medio di energia primaria espresso in kWh/ (m² a) dell’intero proprio parco immobiliare residenziale diminuisca di almeno del 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035e dovranno inoltre garantire che i nuovi edifici siano solar-ready, cioè idonei a ospitare impianti fotovoltaici o solari termici sui tetti e gli Stati membri saranno obbligati a installare entro il 31 dicembre 2026 impianti solari  su tutti i nuovi edifici pubblici e non residenziali con una superficie utile superiore a 250 m², entro il 31 dicembre 2027 su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 2000 m²; entro il 31 dicembre 2028 su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 750 m²; entro il 31 dicembre 2030 su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 250 m²; entro il 2027 su tutti gli edifici non residenziali esistenti con una superficie utile superiore a 500 m² in cui l’edificio subisce un intervento che richiede un permesso amministrativo rilevante ed entro il 31 dicembre 2029 su tutti i nuovi edifici residenziali e su tutti i nuovi parcheggi coperti adiacenti fisicamente agli edifici.

Per quanto riguarda le caldaie alimentate da combustibili fossili la direttiva prevede una strategia graduale per arrivare gradualmente all’eliminazione dell’uso dei combustibili fossili nel settore del riscaldamento e del raffreddamento, con l’obiettivo finale di eliminare completamente le caldaie alimentate da tali combustibili entro il 2040 e, per raggiungere questo obiettivo, invita gli Stati membri a formulare misure specifiche per facilitare questa transizione nel settore del riscaldamento e del raffreddamento prevedendo la sospensione dei contributi per l’installazione di caldaie autonome che funzionano con combustibili fossili a partire dal 1° gennaio 2025 mantenendo solo quelli per i sistemi ibridi che associano alla caldaia a gas una pompa di calore.

Ci sono ovviamente anche delle deroghe risultando esclusi dagli obblighi previsti dalla nuova Direttiva EPBD gli edifici vincolati e protetti, gli immobili storici, gli edifici temporanei, le chiese, le abitazioni indipendenti con superficie < 50 m2, le seconde case occupate per meno di 4 mesi all’anno ed è prevista anche la possibilità di esentare l’edilizia sociale pubblica nei casi in cui i lavori di riqualificazione farebbero aumentare gli affitti in modo sproporzionato rispetto al risparmio che verrebbe ottenuto nelle bollette energetiche.

La direttiva all’articolo 17 chiede agli Stati membri di incentivare con un maggiore sostegno finanziario, fiscale, amministrativo e tecnico la ristrutturazione profonda e la ristrutturazione profonda per fasi il che significa la possibilità, nei casi in cui non sia tecnicamente o economicamente fattibile trasformare un edificio in un edificio a zero emissioni, di agevolare come una ristrutturazione profonda quegli interventi che riescano ad ottenere una riduzione di almeno il 60 % del consumo di energia primaria.

Per ristrutturazione profonda si intende una ristrutturazione in linea con il principio che l’efficienza energetica debba essere tenuta sempre al primo posto e che si concentra sugli elementi edilizi essenziali trasformando un edificio o un’unità immobiliare in un edificio a energia quasi zero entro l’anno 2029 ed in un edificio a zero emissioni dall’anno 2030 in poi.

La direttiva prevede inoltre che gli edifici residenziali con più di tre posti auto, siano essi di nuova costruzione o sottoposti ad una ristrutturazione importante, dovranno garantire l’installazione di pre-cablaggio per almeno il 50% dei posti auto e la presenza di condotti per cavi elettrici per i restanti posti auto così da permettere l’installazione, in un secondo momento, di punti di ricarica per veicoli elettrici, cicli assistiti elettricamente e altri tipi di veicoli di categoria , la presenza di almeno due spazi per il parcheggio delle biciclette per ogni unità abitativa e ’installazione di almeno un punto di ricarica.

In Italia, dove il dato riferito alle emissioni di gas serra da pate degli edifici sale al 12,5% a causa della loro età, secondo le stime le ristrutturazioni dovranno coinvolgere il 15% degli immobili in classe F e G entro l’anno 2030 ed il 26% degli edifici di classe energetica più bassa entro l’anno 2033 il che significa che nel giro di pochi anni dovranno essere riqualificati oltre 500.000 edifici pubblici e circa 5.000.000 di edifici privati, quelli con le prestazioni energetiche più scadenti.

La direttiva Case green ha creato non poche preoccupazioni e perplessità tra i proprietari di immobili così come tra gli addetti ai lavori perché comporterà, inevitabilmente, dei costi che dovranno essere sostenuti per adeguarsi, peraltro nella sua versione definitiva non sono previste sanzioni né obblighi di procedere con le ristrutturazioni ed è sparito, essendo stato stralciato dal testo originale del dicembre 2023, il divieto di vendita o affitto inizialmente contenuto in esso.

Da segnalare il volume “La consistenza del parco immobiliare nazionale” che l’ENEA ha pubblicato allo scopo di delineare gli scenari di intervento e di risparmio energetico in ottemperanza alla nuova Direttiva case green.

ENEA si è avvalso della collaborazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e dei dati presenti sul Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica (SIAPE) per identificare il numero e la superficie degli edifici residenziali e non residenziali presenti in Italia, la superficie totale degli edifici di proprietà della pubblica amministrazione, la quota di immobili pubblici sottoposti a vincoli che potrebbero essere soggetti a deroghe secondo le Direttive europee e la prestazione energetica degli edifici a inizio 2020.

I dati più interessanti che emergono dalla ricerca sono che, secondo il censimento ISTAT del 2011, in Italia sono presenti circa 12 milioni di edifici a uso residenziale ai quali si aggiungono oltre 1,5 milioni di edifici o complessi di edifici a uso non residenziale, per un totale di 13.763.857 edifici o complessi di edifici utilizzati.

Emerge anche come il 60% del parco edilizio italiano abbia un’età di 45 anni e, pertanto, costruito prima dell’entrata in vigore della Legge 373/1976 ovvero della prima legge sul risparmio energetico.

Premesso che il campione di immobili certificati censiti nel SIAPE non può comunque essere considerato totalmente rappresentativo dell’intero parco immobiliare a causa della bassa percentuale di immobili dotati di attestato,, è interessante rilevare che gli APE con data di emissione fino al 31 dicembre 2023 sono circa 4,6 milioni, pari quindi al 13,07% rispetto al totale delle abitazioni, e che il 70,4% degli immobili ricade nelle classi energetiche meno efficienti (E, F e G) mentre rientra in una classe superiore alla B (A1-A4) solo l’11% di essi.

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