Marco Lombardozzi

Marco Lombardozzi

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Mercoledì, 02 Ottobre 2024 14:27

La direttiva Case green

Attualmente il 35% degli edifici dell’Unione Europea ha più di 50 anni, quasi il 75% del parco immobiliare risulta inefficiente dal punto di vista energetico ed il tasso medio annuo di rinnovamento energetico è pari all’1% circa e, come ha riportato la Commissione Europea nel 2021 in pratica gli edifici residenziali sono responsabili per circa il 9% del totale delle emissioni di gas serra.

Partendo da questi presupposti l’8 maggio 2024 è stata pubblicata, entrando in vigore ufficialmente come legge dell’Unione europea 20 giorni dopo, la nuova direttiva europea EPBD – Energy Performance of Building Directive – denominata Case green ed i paesi membri dell’Unione avranno due anni di tempo per recepirla.

La direttiva fa parte del pacchetto di riforme Fit for 55 e l’obiettivo che punta a raggiungere è la riduzione progressiva delle emissioni di CO2 del parco immobiliare europeo con la totale decarbonizzazione entro il 2050 attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio europeo e il miglioramento dell’efficienza energetica.

Il testo è entrato in vigore martedì 28 maggio 2024, ovvero venti giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale; i singoli Stati membri avranno due anni per recepirne i contenuti. Alcune misure, però, dovranno essere adottate già nei prossimi mesi.

Obiettivo della direttiva è stimolare la riqualificazione energetica di edifici pubblici e privati in tutta Europa riducendo così i consumi energetici e le emissioni di CO2 del parco immobiliare.

La direttiva EPBD prevede la possibilità per i Paesi membri di richiedere deroghe sugli edifici alla Commissione europea e gli obiettivi intermedi saranno definiti in base al patrimonio edilizio, al sistema nazionale di classificazione energetica e alle strategie di ristrutturazione adottate da ciascun Paese.

Per perseguire gli obiettivi che si pone, la direttiva europea definisce il quadro comune generale di una nuova metodologia per il calcolo della prestazione energetica integrata degli edifici e delle unità immobiliari e l’applicazione di nuovi requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici.

Le politiche energetiche degli stati membri dovranno perseguire l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e già dal 1° gennaio 2030 tutti i nuovi edifici dovranno garantire emissioni zero in loco, ogni Stato membro dovrà adottare un piano nazionale di ristrutturazione che preveda la riduzione progressiva del consumo di energia degli edifici residenziali e pubblici, inoltre ogni paese potrà stabilire autonomamente su quali edifici concentrarsi.

Complessivamente, il 55% della riduzione dei consumi energetici dovrà essere ottenuta attraverso la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni inferiori.

Entro l’anno 2030 le ristrutturazioni dovranno coinvolgere il 15% degli immobili non residenziali ed entro l’anno 2033 il 26% degli edifici di classe energetica più bassa.

Secondo le definizioni della direttiva, il 43% degli immobili meno efficienti dovrà essere riqualificato dal punto di vista energetico.

In Italia secondo i dati Istat gli edifici residenziali sono circa 12 milioni e di questi 5 milioni rientrano nella categoria di edifici con le prestazioni più scadenti.

Dal 1° gennaio 2030 tutti i nuovi edifici dovranno essere a zero emissioni (ZEmB – zero emission buildings) e dal 1° gennaio 2028 anche tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione.

Entro il 1° gennaio 2040, e successivamente ogni 5 anni, il consumo medio di energia primaria dovrà essere equivalente o inferiore al valore determinato a livello nazionale che dovrà derivare da un progressivo calo del consumo medio di energia primaria dal 2030 al 2050 in linea con la trasformazione del parco immobiliare residenziale in un parco immobiliare a emissioni zero.

Gli Stati membri dovranno provvedere in modo che almeno il 55% del calo del consumo medio di energia primaria sia ottenuto attraverso la ristrutturazione del 43% degli edifici residenziali che attualmente rientrano nella categoria con le prestazioni peggiori.

La direttiva Case green richiede ad ogni Stato membro dell’Unione Europea di impegnarsi nell’implementazione di un nuovo piano di riqualificazione degli edifici adottando misure volte a garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata dagli edifici residenziali ed entro il 29 maggio 2026 ogni Stato membro dovrà stabilire un piano nazionale per la ristrutturazione progressiva del proprio parco immobiliare residenziale durante il periodo 2020-2050 individuando il numero di edifici residenziali e di unità immobiliari residenziali da ristrutturare ogni anno, compreso il numero o la superficie coperta del 43% degli edifici residenziali con le prestazioni peggiori e delle unità immobiliari residenziali.

La direttiva prevede inoltre che gli Stati membri dovranno provvedere affinchè il consumo medio di energia primaria espresso in kWh/ (m² a) dell’intero proprio parco immobiliare residenziale diminuisca di almeno del 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035e dovranno inoltre garantire che i nuovi edifici siano solar-ready, cioè idonei a ospitare impianti fotovoltaici o solari termici sui tetti e gli Stati membri saranno obbligati a installare entro il 31 dicembre 2026 impianti solari  su tutti i nuovi edifici pubblici e non residenziali con una superficie utile superiore a 250 m², entro il 31 dicembre 2027 su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 2000 m²; entro il 31 dicembre 2028 su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 750 m²; entro il 31 dicembre 2030 su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 250 m²; entro il 2027 su tutti gli edifici non residenziali esistenti con una superficie utile superiore a 500 m² in cui l’edificio subisce un intervento che richiede un permesso amministrativo rilevante ed entro il 31 dicembre 2029 su tutti i nuovi edifici residenziali e su tutti i nuovi parcheggi coperti adiacenti fisicamente agli edifici.

Per quanto riguarda le caldaie alimentate da combustibili fossili la direttiva prevede una strategia graduale per arrivare gradualmente all’eliminazione dell’uso dei combustibili fossili nel settore del riscaldamento e del raffreddamento, con l’obiettivo finale di eliminare completamente le caldaie alimentate da tali combustibili entro il 2040 e, per raggiungere questo obiettivo, invita gli Stati membri a formulare misure specifiche per facilitare questa transizione nel settore del riscaldamento e del raffreddamento prevedendo la sospensione dei contributi per l’installazione di caldaie autonome che funzionano con combustibili fossili a partire dal 1° gennaio 2025 mantenendo solo quelli per i sistemi ibridi che associano alla caldaia a gas una pompa di calore.

Ci sono ovviamente anche delle deroghe risultando esclusi dagli obblighi previsti dalla nuova Direttiva EPBD gli edifici vincolati e protetti, gli immobili storici, gli edifici temporanei, le chiese, le abitazioni indipendenti con superficie < 50 m2, le seconde case occupate per meno di 4 mesi all’anno ed è prevista anche la possibilità di esentare l’edilizia sociale pubblica nei casi in cui i lavori di riqualificazione farebbero aumentare gli affitti in modo sproporzionato rispetto al risparmio che verrebbe ottenuto nelle bollette energetiche.

La direttiva all’articolo 17 chiede agli Stati membri di incentivare con un maggiore sostegno finanziario, fiscale, amministrativo e tecnico la ristrutturazione profonda e la ristrutturazione profonda per fasi il che significa la possibilità, nei casi in cui non sia tecnicamente o economicamente fattibile trasformare un edificio in un edificio a zero emissioni, di agevolare come una ristrutturazione profonda quegli interventi che riescano ad ottenere una riduzione di almeno il 60 % del consumo di energia primaria.

Per ristrutturazione profonda si intende una ristrutturazione in linea con il principio che l’efficienza energetica debba essere tenuta sempre al primo posto e che si concentra sugli elementi edilizi essenziali trasformando un edificio o un’unità immobiliare in un edificio a energia quasi zero entro l’anno 2029 ed in un edificio a zero emissioni dall’anno 2030 in poi.

La direttiva prevede inoltre che gli edifici residenziali con più di tre posti auto, siano essi di nuova costruzione o sottoposti ad una ristrutturazione importante, dovranno garantire l’installazione di pre-cablaggio per almeno il 50% dei posti auto e la presenza di condotti per cavi elettrici per i restanti posti auto così da permettere l’installazione, in un secondo momento, di punti di ricarica per veicoli elettrici, cicli assistiti elettricamente e altri tipi di veicoli di categoria , la presenza di almeno due spazi per il parcheggio delle biciclette per ogni unità abitativa e ’installazione di almeno un punto di ricarica.

In Italia, dove il dato riferito alle emissioni di gas serra da pate degli edifici sale al 12,5% a causa della loro età, secondo le stime le ristrutturazioni dovranno coinvolgere il 15% degli immobili in classe F e G entro l’anno 2030 ed il 26% degli edifici di classe energetica più bassa entro l’anno 2033 il che significa che nel giro di pochi anni dovranno essere riqualificati oltre 500.000 edifici pubblici e circa 5.000.000 di edifici privati, quelli con le prestazioni energetiche più scadenti.

La direttiva Case green ha creato non poche preoccupazioni e perplessità tra i proprietari di immobili così come tra gli addetti ai lavori perché comporterà, inevitabilmente, dei costi che dovranno essere sostenuti per adeguarsi, peraltro nella sua versione definitiva non sono previste sanzioni né obblighi di procedere con le ristrutturazioni ed è sparito, essendo stato stralciato dal testo originale del dicembre 2023, il divieto di vendita o affitto inizialmente contenuto in esso.

Da segnalare il volume “La consistenza del parco immobiliare nazionale” che l’ENEA ha pubblicato allo scopo di delineare gli scenari di intervento e di risparmio energetico in ottemperanza alla nuova Direttiva case green.

ENEA si è avvalso della collaborazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e dei dati presenti sul Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica (SIAPE) per identificare il numero e la superficie degli edifici residenziali e non residenziali presenti in Italia, la superficie totale degli edifici di proprietà della pubblica amministrazione, la quota di immobili pubblici sottoposti a vincoli che potrebbero essere soggetti a deroghe secondo le Direttive europee e la prestazione energetica degli edifici a inizio 2020.

I dati più interessanti che emergono dalla ricerca sono che, secondo il censimento ISTAT del 2011, in Italia sono presenti circa 12 milioni di edifici a uso residenziale ai quali si aggiungono oltre 1,5 milioni di edifici o complessi di edifici a uso non residenziale, per un totale di 13.763.857 edifici o complessi di edifici utilizzati.

Emerge anche come il 60% del parco edilizio italiano abbia un’età di 45 anni e, pertanto, costruito prima dell’entrata in vigore della Legge 373/1976 ovvero della prima legge sul risparmio energetico.

Premesso che il campione di immobili certificati censiti nel SIAPE non può comunque essere considerato totalmente rappresentativo dell’intero parco immobiliare a causa della bassa percentuale di immobili dotati di attestato,, è interessante rilevare che gli APE con data di emissione fino al 31 dicembre 2023 sono circa 4,6 milioni, pari quindi al 13,07% rispetto al totale delle abitazioni, e che il 70,4% degli immobili ricade nelle classi energetiche meno efficienti (E, F e G) mentre rientra in una classe superiore alla B (A1-A4) solo l’11% di essi.

Mercoledì, 18 Settembre 2024 08:29

ANALISI DELLE ACQUE IN CONDOMINIO

L’acqua potabile che utilizziamo quotidianamente deve essere salubre, pulita e la sua qualità deve essere garantita rivestendo un aspetto cruciale per la salute ed il benessere delle persone.

L’acqua potabile può essere soggetta a diverse contaminazioni, tra cui contaminazioni chimiche dovute alla presenza di metalli pesanti, pesticidi e altre sostanze chimiche, a contaminazioni biologiche da batteri, virus e altri microrganismi patogeni e contaminazioni fisiche legate alla presenza di particelle solide in sospensione, come sedimenti.

Prima dell’entrata in vigore del Dlgs 18/2023 gli obblighi di verifica della salubrità dell’acqua gravavano esclusivamente sul gestore dell’acqua fino al punto di consegna, cioè il contatore, e non erano previsti come obbligo controlli periodici sulla qualità dell’acqua da parte dei proprietari degli immobili e degli amministratori, come confermato dal parere del Ministero della Salute del 10 giugno 2004.

L’entrata in vigore del Dlgs 18/2023 stabilisce che dal punto di consegna la responsabilità della qualità dell’acqua ricade sul gestore della distribuzione interna e questo comporta obblighi generali più gravosi e costosi rispetto al passato, sia in termini di qualità e salubrità dell’acqua che per quanto riguarda le eventuali perdite dell’impianto.

L’articolo 4 del Dlgs 18/2023 impone una serie di controlli e misure preventive per assicurare che l’acqua distribuita negli edifici residenziali sia sicura e conforme agli standard di qualità ampliando i parametri di salubrità da monitorare, aggiungendo la verifica della presenza di piombo, uranio a quella della legionella.

La normativa prevede controlli periodici della qualità dell’acqua mediante analisi chimiche e microbiologiche per garantire che i parametri siano entro i limiti consentiti ed alcuni dei principali aspetti normativi includono la Gestione del rischio, ovvero l’identificazione e la valutazione dei potenziali rischi di contaminazione lungo tutto il percorso dell’acqua, dal punto di consegna dell’acquedotto fino al rubinetto dei residenti con interventi correttivi immediati, in caso di non conformità, per ripristinare la qualità dell’acqua.

Tutti i risultati delle analisi e le azioni intraprese devono essere documentati e resi disponibili ai residenti del condominio.

E’ bene sapere che è necessaria un’attenzione particolare nei condomini dove sono presenti filtri, sistemi di addolcimento delle acque o vasche di riserva idrica a monte della distribuzione. Questi elementi andranno puliti e sanificati con regolarità, rappresentando i punti di maggiore criticità.

Gli organismi di certificazione raccomandano di eseguire con cadenza annuale almeno un prelievo in centrale termica e un prelievo per ogni colonna montante per verificare l’intera rete condominiale.

Le procedure di analisi dell’acqua in condominio generalmente includono il prelievo di campioni dell’acqua in diversi punti della rete idrica condominiale, la verifica in merito all’eventuale presenza di metalli pesanti, sostanze chimiche pericolose e altri contaminanti, la ricerca di batteri, virus e altri microrganismi patogeni mediante analisi batteriologiche ed il controllo in merito alla torbidità, colore e odore dell’acqua. Queste analisi devono essere eseguite da laboratori accreditati che utilizzino metodi standardizzati per garantire risultati affidabili e conformi alle normative vigenti ed è, quindi, necessario affidarsi a professionisti qualificati e laboratori accreditati per le analisi dell’acqua.

Gli amministratori di condominio sono pertanto tenuti ad effettuare i controlli e gli interventi previsti dalle nuove norme ed il mancato rispetto dei parametri di qualità comporta sanzioni pecuniarie che vanno da 5.000,00 a 30.000,00 euro mentre, in caso di violazione degli adempimenti di trasmissione dei risultati dei controlli interni ai due nuovi organi istituiti dal Dlgs 18/2023, le sanzioni variano tra 500,00 e 5.000,00 euro.

La valutazione e gestione del rischio effettuata ai sensi del comma 1 si basa sui principi generali della valutazione e gestione del rischio stabiliti secondo le Linee Guida per la valutazione e la gestione del rischio per la sicurezza dell’acqua nei sistemi di distribuzione interni degli edifici ai sensi della direttiva UE 2020/2184, Rapporto ISTISAN 22/32.

Da tempo, anche se in molti non si sono ancora adeguati o non sono aggiornati in merito, è in vigore l’obbligo di manutenzione ordinaria e di certificazione da parte di tecnici qualificati ed abilitati, che devono eseguire verifiche periodiche provvedendo ad annotarle su di un apposito libretto, di cancelli motorizzati di ogni genere, portoni automatici, barriere motorizzate, porte basculanti e serrande motorizzate, porte sezionali motorizzate, porte automatiche pedonali, dissuasori di traffico e molto altro ancora.

In pratica tutti quei mezzi in movimento che introducono fattori di rischio nel loro utilizzo trattandosi di mezzi in movimento, devono essere marcati CE e rientrano nel campo di applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CE recepita in Italia con il D. Lgs 17/2010.

Occorre distinguere tra la definizione di macchina e quella di quasi macchina, recentemente introdotta:

MACCHINA: insieme di organi fissi e mobili collegati tra di loro, anche in modo solidale, ed azionata da sistemi elettrici o da autori di potenza con il fine di generare applicazioni ben determinate quali: spostamento, trasformazioni, generazioni.

QUASI MACCHINA: insieme di organi e/o sistemi che non costruiscono o non generano azioni determinate, una quasi macchina ha un funzionamento autonomo ed è destinata ad essere parte di una macchina odi un impianto più grande.

I rischi maggiori per gli utenti, in particolare modo per persone debilitate e bambini, sono costituiti dalle parti in movimento e sono di tipo meccanico e di tipo elettrico.

I rischi di tipo meccanico sono: impatto, schiacciamento, cesoiamento, convogliamento, taglio, uncinamento, sollevamento e inciampo.

I rischi di tipo elettrico sono: elettrocuzione da contatti diretti ed indiretti.

Questi rischi tendono ad aumentare nel tempo a causa dell’usura o per possibili manomissioni e per questo motivo è obbligatorio effettuare verifiche periodiche per accertarne lo stato di manutenzione e conservazione.

Queste verifiche riguardano gli aspetti di sicurezza connessi alle parti in movimento con riferimento alla Norma UNI EN 12453/17 che specifica i requisiti ed i metodi di prova relativi alla sicurezza d'uso per quialsiasi tipo di porta, cancello o barriera ad azionamento motorizzato in areee alla portata delle persone e devono essere documentate attraverso appositi rapporti di prova che devono contenere i riferimenti agli strumenti usati.

Le verifiche sono di due tipi, ordinarie e straordinarie.

Le verifiche straordinarie possono rendersi necessarie in caso di verifica periodica con esito negativo, di modifiche sostanziali, in caso di incidenti anche se non necessariamente seguiti da infortuni e su richiesta del proprietario o dell’amministratore del condominio in qualità di legale rappresentante.

E’ bene quindi conoscere le responsabilità che sono legate all’installazione ed all’utilizzo di queste macchine distinguendo tra quelle in capo al costruttore/fornitore e quelle in capo al proprietario/utilizzatore.

Il produttore/fornitore della macchina ha la completa responsabilità e deve realizzare una macchina sicura;

L’installatore che automatizza una porta o un cancello preesistente è responsabile di dichiarare la conformità del prodotto alle Direttive Europee, pertanto dovrà:

Ø  Progettare correttamente la macchina e, attraverso una corretta analisi dei rischi, eseguire il corretto dimensionamento dell’impianto rispettando almeno i requisiti normativi minimi di sicurezza.

Ø  Realizzare l’impianto secondo la regola dell’arte, ovvero eseguire il lavoro secondo il progetto e rispettando le indicazioni dei produttori di ciascun componente dell’automazione.

Ø  Collaudare la macchina eseguendo la verifica funzionale dell’intera automazione e dei singoli componenti.

Ø  Predisporre rapporti di prova e verifiche.

Ø  Redigere la dichiarazione CE di conformità ovvero il documento attraverso il quale l’installatore dichiara che la macchina è conforme a tutti i requisiti essenziali delle direttive che la riguardano e, quindi, a norma di legge, consegnandone una copia al proprietario.

Ø  Apporre sulla porta motorizzata una targhetta con i propri estremi ed i dati identificativi della macchina.

Ø  Apporre sulla porta motorizzata la marcatura CE.

Ø  Realizzare il fascicolo tecnico.

Il fascicolo tecnico deve essere tenuto a disposizione per dieci anni in caso di richiesta da parte delle autorità competenti, ed è costituito da una raccolta dei seguenti documenti: analisi dei rischi e soluzioni adottate, disegni, schemi elettrici, elenco dei componenti utilizzati, dichiarazione di conformità, ecc.

Il fascicolo tecnico deve essere tenuto a disposizione per dieci anni e fornito in caso di richiesta da parte delle autorità competenti.

Il proprietario deve ricevere da parte dell’installatore:

Ø  Copia della dichiarazione CE di conformità, documento attraverso il quale il proprietario può dimostrare che il cancello automatico è stato realizzato da un installatore professionista che si è assunto la responsabilità di realizzare una macchina che risulta essere conforme a tutti i requisiti essenziali delle direttive che la riguardano.

Ø  Il manuale d’uso che deve indicare in maniera chiara e facilmente comprensibile i metodi corretti per un utilizzo sicuro della macchina ed il comportamento da mantenere in caso di rotture o assenza di alimentazione.

Ø  Le istruzioni per la manutenzione ordinaria, l’elenco e la cadenza periodica degli interventi di manutenzione necessari ad assicurare, nel tempo, il funzionamento sicuro dell’impianto.

il proprietario ha, quindi, il compito di usare la macchina con le opportune precauzioni seguendo quanto viene prescritto nel libretto di istruzioni, e l’obbligo di mantenerla al massimo dell’efficienza attraverso le verifiche periodiche previste nel piano manutenzione richiedendole a personale qualificato che le esegua secondo procedure standardizzate.

Il verbale di verifica viene redatto in seguito all’esecuzione delle verifiche a vista, dell’analisi documentale e dell’esecuzione delle misure strumentali e serve per dichiarare la permanenza o meno dei requisiti di sicurezza ed all’avvenuto adempimento degli obblighi di mantenimento in sicurezza degli impianti e delle attrezzature.

Da tenere ben presente che in caso di danni a persone e/o cose dovuti al macanto controllo e/o manutenzione periodico, si configura la responsabilitàper colpa per non avere agito con diligenza, prudenza e perizia ex art. 2087 del Codice Civile.

 

Giovedì, 08 Settembre 2022 10:06

PANNELLI FOTOVOLTAICI PLUG & PLAY FAI DA TE

Si sente spesso parlare, per piccoli consumi, della possibilità di installare il cosiddetto fotovoltaico da balcone ma, per capire se effettivamente questa soluzione apparentemente economica e di facile installazione possa effettivamente contribuire ad abbassare le spese legate alla bolletta della luce.

Il fotovoltaico da balcone consiste in un unico pannello solare da installare sul proprio balcone di casa, agganciandolo direttamente alla ringhiera o al parapetto o, anche, posizionandolo con un’inclinazione appropriata, quindi di almeno 20°-30°, sul pavimento del terrazzo.

Condizione indispensabile per un buon funzionamento è che il pannello riceva l’irradiazione luminosa per buona parte della giornata e questo significa che l’installazione ottimale è verso sud perché, già a est- ovest in inverno, in considerazione del posizionamento a filo lungo la ringhiera del balcone, si ha un significativo calo di efficienza, anche del 50%.

L’efficienza di un kit fotovoltaico da balcone varia, naturalmente, in base alla potenza del pannello che, in genere, è da 1,2 kWh o da 2,4 kWh, così come da quanti se ne installano tenendo conto che al massimo, in base allo spazio disponibile, se ne possono installare fino a 3 ottenendo, in questo modo, una generazione di corrente elettrica globale di circa 1.200kW/h all’anno.

Considerando che, mediamente, un nucleo familiare necessita di 2.700kW/h annui, il vantaggio economico installando, il caso più probabile, un pannello plug & play da 350W sul balcone può portare ad un risparmio annuo in bolletta di circa 90,00 Euro.

Il singolo pannello in silicio monocristallino può raggiungere un picco di 340W, arrivando a erogare nelle ore più soleggiate quasi 300W che possono venire utilizzati in autoconsumo e, abbinandovi una batteria di accumulo, è possibile utilizzare la corrente anche durante le ore buie.

Attenzione che in inverno, con temperature inferiori ai 5°l’efficinza delle batterie diminuisce sensibilmente se si trovano all’esterno; inoltre le batterie di accumulo hanno un costo elevato, una durata limitata, soprattutto se al piombo, e la loro durata nel tempo viene ridotta se dovessero scaricarsi completamente, così come sovraccaricarsi.

La soluzione migliore sarebbe quindi quella di collegare il pannello fotovoltaico direttamente alla rete elettrica con un inverter, generalmente fornito insieme al kit del pannello fotovoltaico plug & play,

In alcuni modelli l’inverter è incorporato all’interno del pannello stesso.

Altro aspetto di cui tenere conto, una volta installato il pannello “fai da te” è che il generatore di corrente non venga a trovarsi a valle dei fusibili domestici perché, in caso di interruzione di corrente dalla rete, il pannello continuerebbe ad erogare corrente mantenendo attive le linee.

Resta un ultimo aspetto, a mio avviso il più importante, ovvero che per installare un pannello fotovoltaico sul parapetto del proprio balcone occorre rispettare un vincolo particolarmente stringente: non alterare il decoro architettonico dell’edificio ovvero di quell’insieme di linee che caratterizzano il fabbricato, al di là del fatto che lo stesso abbia, o meno, un effettivo pregio.

Questo significa che anche un palazzo di periferia è dotato di un proprio decoro architettonico che deve essere rispettato e questo comporta che molto difficilmente la presenza di uno o più pannelli fotovoltaici in facciata non vada ad impattare sull’estetica dell’edificio. Ecco perché non è possibile procedere in autonomia, così come non è possibile ricevere l’autorizzazione direttamente da parte dell’amministratore del condominio ma occorre passare preventivamente in sede di assemblea per valutare se vi siano o meno possibili contestazioni. Da sottolineare come l’assenza totale di possibili contestazioni la si possa avere solo ed esclusivamente a fronte dell’unanimità, intesa come espressione favorevole da parte di tutti, ma proprio tutti, i condomini comproprietari.

Riporto di seguito un interessante articolo di Marino Longoni pubblicato su Italia Oggi del 05 settembre 2022 intitolato Il Superbonus pensato per il Paese dei balocchi:

Chi ha progettato il superbonus edilizio probabilmente pensava che l’Italia fosse il paese dei balocchi. Come si può immaginare di avviare una massiccia operazione sul patrimonio immobiliare finalizzata all’efficientamento energetico finanziata completamente dall’erario? All’interno di una finestra temporale ristrettissima, per i tempi dell’edilizia, e per di più in un periodo caratterizzato dalla pandemia con tutti i problemi produttivi che ciò ha comportato? Infatti, il numero di asseverazioni depositate finora supera di poco le 220 mila, su un patrimonio immobiliare di oltre 12 milioni di edifici. Vuol dire che meno del 2% degli edifici ha potuto beneficiare del bonus ideato dai 5Stelle. Ma per raggiungere questo obiettivo il prezzo pagato dalla collettività è stato enorme. Sono 33 i miliardi stanziati finora per coprire i crediti d’imposta. Ma a questa cifra bisogna aggiungere l’aumento folle dei costi dell’edilizia, che ha finito per pesare anche su tutti gli interventi diversi dal 110%.  

Il 3 maggio di quest’anno il premier Mario Draghi, aveva denunciato davanti al parlamento europeo che “il costo di efficientamento è più che triplicato, grazie ai provvedimenti del 110%. I prezzi degli investimenti per attuare le ristrutturazioni sono più che triplicati perché il 110 toglie l’incentivo alla trattativa sul prezzo. Questi sono i risultati”. Pura follia. Semplicemente chi l’ha ideata non ha tenuto conto che il mercato è governato dalla legge della domanda e dell’offerta. E che se lo stato ti offre di pagarti i lavori di ristrutturazione della tua casa, saranno in molti quelli che accetteranno la gentile offerta. Questo ha dato una scossa, certamente, al settore dell’edilizia, un settore da sempre trainante per l’intero sistema economico. Ma è stato un elettroshock, che ha creato più problemi di quanti ne abbia risolti: l’improvviso venir meno della contrapposizione di interessi tra l’impresa edile e il proprietario, oltre all’aumento dei prezzi ha portato all’esplosione delle truffe e alla necessaria rincorsa del legislatore per arginarle (si sono contati ben 15 interventi legislativi in un paio di anni), con la conseguenza che ora i crediti d’imposta sono diventati molto difficili da spendere e questo ha messo in sofferenza tutto il settore, inoltre ora si scopre che i fondi stanziati non sono sufficienti a coprire tutti gli interventi ammessi e molti proprietari e molte imprese edili rischiano di trovarsi a metà del guado e di accorgersi che i crediti d’imposta non arriveranno. Qualcuno prevede infatti un tracollo del settore edilizio, il quale potrebbe uscire dall’operazione superbonus in condizioni peggiori di come ci era entrato.  

Ance Sicilia ha fatto notare qualche giorno fa che la situazione è potenzialmente esplosiva, perché chi ha iniziato i lavori e si ritrova col cantiere bloccato per l’impossibilità di cedere il credito rischia non solo di essere costretto a lasciare l’opera incompiuta, ma anche di dover restituire le somme ricevute con l’aggiunta di sanzioni. Problema aggravato dal fatto che le banche hanno deciso, come riportato da ItaliaOggi di giovedì scorso, di rendere più incisivi i propri controlli (anche per allontanare lo spettro della responsabilità solidale), con ispezioni mirate, sia on line, sia nei cantieri. Chissà se l’ideatore del superbonus pensava veramente di vivere nel paese dei balocchi oppure, più prosaicamente, ha messo in atto una gigantesca operazione di distribuzione di risorse pubbliche con l’obiettivo, molto concreto, di aumentare il proprio consenso elettorale. Obiettivo, comunque, fallito. 

Lunedì, 04 Luglio 2022 08:14

Un sogno svanito

Il meccanismo su cui si basa l’incentivo noto come Superbonus è molto semplice: tutti i lavori volti alla riqualificazione energetica e/o all’adeguamento antisismico realizzati su un immobile, ovviamente rispettando determinati requisiti previsti dalla legge, generano un bonus fiscale pari al 110% del costo dei lavori potendosi, di fatto, realizzare gratuitamente i lavori guadagnando il 10% in più sul loro costo finale.

Per ottenere questo guadagno occorre prima eseguire, quindi pagare, i lavori per poi successivamente, nel corso di alcuni anni, recuperare sotto forma di detrazione fiscale quanto speso con un 10% aggiuntivo.

Da evidenziare come il sistema di cessione consente a tutti di accedere a questo meccanismo, anche ai soggetti privi di liquidità e di capienza fiscale sufficiente.

Il Legislatore, per immettere la liquidità necessaria a dare il via al meccanismo, ha introdotto quindi due importanti strumenti per consentire di dare il via ai lavori ovvero lo sconto in fattura e la cessione del credito.

Con lo sconto in fattura il beneficiario finale della detrazione può scegliere di cedere il proprio credito fiscale all’impresa che esegue i lavori consentendo, di fatto, al proprietario di non dover pagare i lavori eseguiti sul proprio immobile e all’impresa che li esegue, acquistando il credito, di recuperare quanto anticipato guadagnando un 10% aggiuntivo. Ovviamente l’impresa deve avere sufficiente liquidità per eseguire i lavori e un’adeguata capienza fiscale per utilizzare le detrazioni fiscali acquisite.

Con la cessione del credito l’impresa può cedere il credito acquisito a un istituto finanziario che potrà a sua volta recuperare quanto speso avendo la possibilità di guadagnare un 10% aggiuntivo.

In teoria tutto bene, quindi: l’utente finale ha la possibilità di riqualificare il proprio immobile gratuitamente, l’impresa può eseguire i lavori con la certezza del pagamento e l’istituto finanziario può fornire la liquidità guadagnando un 10% aggiuntivo.

All’inizio questo meccanismo ha funzionato bene e l’eccessiva semplicità con cui il credito poteva essere ceduto, anche più volte, ha dato vita ad un mercato parallelo di crediti fiscali che ha acquisito un poco alla volta dimensioni sempre maggiori a cui, purtroppo, si sono affiancate una serie di truffe di notevole entità spingendo il he, individuate dalle autorità e tutto ciò ha spinto il Legislatore a correre ai ripari creando dei paletti con il D.L. 157/2021 noto come Decreto antifrodi che ha esteso l’obbligo del visto di conformità alla documentazione e l’obbligo dell’asseverazione della congruità delle spese introducendo controlli preventivi da parte dell’Agenzia delle Entrate e limitato in maniera importante le possibilità di cessione multipla del credito. L’Agenzia delle Entrate, in una FAQ del 17/03/2022, ha pubblicato un utile schema esplicativo dei nuovi limiti alle cessioni. Queste nuove disposizioni se da una parte hanno ridotto le possibilità di ulteriori frodi ai danni dello Stato, dall’altra hanno prodotto una contrazione nel meccanismo di cessione dei crediti generando un’enorme difficoltà all’operatività delle imprese, soprattutto quelle medio-piccole, e rallentando il sistema fino, in alcuni casi, a portare al blocco dei cantieri dato che si sono ritrovate con il proprio cassetto fiscale pieno senza avere più la possibilità di cedere il credito acquisito con una conseguente e inevitabile riduzione della liquidità disponibile.

La domanda, oggi, è se queste nuove disposizioni, a meno di possibili ulteriori modifiche da parte del Legislatore, abbiano di fatto in molti casi chiuso le porte impedendo definitivamente l’accesso al Superbonus.

 

Lunedì, 13 Giugno 2022 14:13

Rinfrescare senza sprechi

Per utilizzare in modo ottimale gli impianti di climatizzazione senza rinunciare al comfort nella stagione estiva le misure essenziali per ottenere bollette più leggere consistono nell’aumentare di due gradi il settaggio della temperatura interna, portando il termostato da 26 a 28°C, e chiudere le persiane quando non si è in casa.

In particolare, nel periodo estivo è fondamentale schermare le finestre esposte a sud e a est

Con questi due accorgimenti si potrà ridurre fino al 50% circa il consumo di energia elettrica per la climatizzazione estiva, risparmio variabile in funzione dell’esposizione alla radiazione solare dell'abitazione.

Sostituire un vecchio condizionatore in classe D (consumo da etichetta 243 kWh) con un nuovo modello in classe A+++ (consumo da etichetta 103 kWh) può far risparmiare 140 kWh elettrici, pari a circa il 60%.

  • Porre attenzione alla classe energetica del climatizzatore che si vuole installare, infatti la scelta del modello rappresenta un requisito chiave per diminuire i consumi. Nella scelta, indipendentemente dalla tecnologia, sono sempre da preferire i condizionatori in classe energetica superiore alla A perchè, oltre a una riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, consumano molto meno.
  • Non raffreddare troppo l’ambiente e fare attenzione all’umidità. La normativa vigente prevede che durante la stagione estiva la temperatura interna degli ambienti non debba scendere sotto i 24-26°C ma, il più delle volte, due o tre gradi in meno rispetto alla temperatura esterna sono già sufficienti ad avere un ambiente confortevole; inoltre molto spesso può bastare l’attivazione della funzione deumidificazione per scongiurare la sensazione di caldo opprimente e questo perchè l’umidità presente nell’aria porta a percepire una temperatura più elevata di quella reale.
  • Chiudere le persiane Durante le ore più calde è opportuno chiudere le persiane e abbassare le tapparelle così da ridurre gli apporti solari in ingresso all’abitazione e, conseguentemente, il calore riducendo così anche l’energia richiesta dai climatizzatori per raffrescare gli ambienti.
  • Scegliere la tecnologia inverter perché questa tecnologia permette di avere prestazioni ottimali in qualsiasi condizioni di impiego, adeguando la potenza frigorifera e termica erogata all’effettiva necessità dato che la velocità di rotazione del compressore viene regolata costantemente Questi modelli, particolarmente funzionali quando si prevede di tenere accesa l’aria condizionata per molte ore di seguito, costano di più rispetto a quelli dotati di tecnologia on-off ma il consumo energetico e la rumorosità complessive risultano essere inferiori a fronte di un maggior comfort all’interno degli ambienti in cui vengono installati.
  • In fase di installazione è importante collocare il climatizzatore nella parte alta della parete dato che l’aria fredda, tendendo a scendere, si mescolerà più facilmente con quella calda che, invece, tende a salire. Naturalmente è da evitare nella maniera più assoluta il posizionamento del climatizzatore dietro divani o tende perché si avrebbe il cosiddetto effetto barriera con inevitabile sensibile riduzione della diffusione dell’aria fresca.
  • Un climatizzatore per stanza Installare un condizionatore potente in corridoio sperando che rinfreschi l’intera abitazione è inutile: l’unico risultato sarà quello di prendersi un colpo di freddo ogni volta che si attraversa il corridoio andando da una stanza all’altra, in quanto sarà l’unico ambiente ad essere raffrescato.
  • Non lasciare porte e finestre aperte, infatti il climatizzatore raffresca e deumidifica l’ambiente in cui è installato trasferendo il calore e l’umidità all’esterno e l’’ingresso nella stanza di aria calda lo obbliga ad un lavoro supplementare per riportare la temperatura e l’umidità ai livelli richiesti, con conseguente inutile dispendio di energia.
  • Coibentare i tubi del circuito refrigerante all’esterno dell’abitazione per evitare inutili dispersioni; inoltre è opportuno che la parte esterna del climatizzatore non sia esposta al sole e alle intemperie.
  • Usare il timer e la funzione ‘notte’ Grazie a queste funzioni è possibile ridurre al minimo il tempo di accensione dell’apparecchio e aumentare il comfort.
  • I filtri dell’aria e le ventole devono essere puliti alla prima accensione stagionale e almeno ogni due settimane, perché si tratta del luogo dove più di frequente si annidano muffe e batteri dannosi per la salute. È importante inoltre controllare la tenuta del circuito del gas.
  • Sostituire le lampadine incandescenti con luci a LED, infatti gli apporti di calore dovuti all’illuminazione sono una parte non trascurabile del carico termico all’interno delle abitazioni dato che, soprattutto le lampade ad incandescenza, trasformano in calore il 90% dell'energia elettrica che assorbono e lo dissipano per l’80% come calore nell’ambiente. Inoltre le luci a LED consumano molta meno energia rispetto all'illuminazione a incandescenza.
  • Da ricordare che per agevolare la sostituzione degli impianti esistenti e l’installazione di soluzioni tecnologiche ad elevata efficienza energetica, esistono varie forme di incentivo.
Giovedì, 12 Settembre 2024 15:09

Andamento dei prezzi di gas ed energia elettrica

L'andamento dei prezzi di gas ed energia elettrica costringe a rivedere decisamente al rialzo i preventivi di spesa per il prossimo esercizio e, in molti casi, a richiedere il versamento di una rata straordinaria per avere sul conto corrente del condominio la necessaria liquidità per saldare le bollete evitando possibili distacchi o riduzione di forniture per morosità.

Distanza, potatura, suddivisione dei costi tra i vari proprietari e abbattimento sono molto spesso oggetto di discussione in sede di assemblea di condominio; vediamo quindi di analizzare le varie voci:

Distanza rispetto all’edificio

Alberi e siepi devono rispettare le distanze dal confine stabilite dai regolamenti comunali e/o dalle convenzioni quindi innanzitutto occorre verificare, informandosi presso il comune e presso la Camera di Commercio di pertinenza se vi siano regolamenti o usi locali che prevedono il rispetto di determinate distanze.

Peraltro in assenza di una specifica regolamentazione a livello locale sarà necessario rispettare le distanze dal confine fissate dal codice civile che prevede per gli alberi ad alto fusto una distanza di tre metri dal confine, mentre per gli alberi non ad alto fusto, ovvero quelli i cui rami si diffondono ad un’altezza non superiore ai tre metri, la distanza deve essere di un metro e mezzo e, infine, per viti, arbusti, siepi e piante da frutta di altezza non superiore a due metri e mezzo la distanza deve essere di 50 centimetri.

Nel caso di siepi che si recidono periodicamente vicino al ceppo, la distanza deve essere di un metro con l’eccezione delle robinie che devono essere messe a dimora ad una distanza di due metri.

 

N.B. La distanza deve essere calcolata al momento della messa a dimora delle piante e si misura dalla linea del confine alla base esterna del tronco dell’albero o al luogo in cui viene eseguita la semina.

Spese per la potatura

Le spese necessarie per eseguire al potatura degli alberi e la manutenzione delle aiuole e delle piante interessano tutti i condomini comproprietari in proporzione alla propria quota millesimale di proprietà.

Se i rami impediscono la vista

Quando gli alberi sono troppo vicini all’edificio può accadere che, crescendo, tolgano progressivamente aria e luce a chi si affaccia dalla finestre e, in questi casi, il condomino che vede limitata aria e luce alle proprie finestre può chiedere che la pianta venga estirpata , ma a condizione che questa si trovi ad una distanza inferiore rispetto a quelle regolamentari come sopra esposto e sempre che tale situazione si sia realizzata da non oltre 20 anni dato che trascorso questo termine temporale scatta l’usucapione e non è più possibile contestare la presenza delle piante anche se ravvicinate.

Nel caso in cui, invece, gli alberi siano stati piantati a distanza regolamentare occorre accertare che non vi sia stata negligenza nella manutenzione. In caso affermativo è possibile esigere, da parte del diretto interessato, che vengano potati i rami che causano la diminuzione di aria e di luce.

Abbattimenti:

Qualora le radici delle piante vadano a creare dei problemi all’isolazione così come all’asfalto o alle tubature può rendersene necessario l’abbattimento.

Escludendo l’eventualità in cui la pianta sia fonte di pericolo, nel qual caso l’amministratore procederà nell’interesse comune, pur sempre nel rispetto delle prescrizioni vigenti nella zona dove si trova la pianta e che variano da comune a comune, l’assemblea può essere chiamata a deliberare in merito alla proposta di procedere all’abbattimento con il voto favorevole dei 4/5 dei partecipanti al condominio, in rappresentanza di almeno 4/5 dei millesimi (800/1000).

Ovviamente a motivare la proposta, e la conseguente decisione favorevole, deve esserci una valida ragione.

Danni e responsabilità

Una manutenzione periodica programmata è la migliore assicurazione contro eventuali danni che le piante possono procurare alle persone e/o alle cose e questo in considerazione del fatto che l’eventuale evento atmosferico, anche se superiore alle medie stagionali, non scagiona il condominio se c’era la possibilità di prevedere ed evitare l’evento con una manutenzione più accorta.

Da richiamare, in quanto sicuramente interessante, la sentenza nr. 17493/2007 della Corte di Cassazione ha stabilito come il proprietario dell’albero non possa essere ritenuto responsabile per una caduta provocata dalla presenza delle foglie che si trovano sulla pavimentazione del cortile o del parcheggio in quanto la caduta delle stesse rientra in un fenomeno naturale. Ovviamente, come per tutte le cose, bisogna interpretare in maniera corretta quanto sopra, infatti un conto è la presenza di foglie cadute a terra e un conto è l’accumulo delle stesse in quanto nessuno ha mai provveduto ad eseguire una pulizia periodica.

Altra sentenza interessante della Corte di Cassazione è la nr. 9829/1992 che ha affrontato la questione legata alla richiesta di rimborso delle spese per la pulizia di gronde e tombini dalle foglie cadute dalle piante del vicino, esprimendosi a favore di tale possibilità.

Il Responsabile dei lavori è quel soggetto che può essere incaricato dal committente per svolgere tutti i compiti che l’art. 89 del D. Lgs. 81/2008 attribuisce a questa figura quale “responsabile unico del procedimento”; si tratta pertanto di una figura facoltativa ed il committente, se non ne prevede la nomina, manterrà in capo alla propria posizione di garanzia i compiti, gli obblighi e le conseguenti responsabilità che gli derivano dal disposto combinato degli articoli 90 e 100 del D .Lgs. n. 81/2008.

Fino al 20 agosto 2009 il responsabile dei lavori, una volta incaricato così come risulta dal combinato disposto degli articoli 89, 90 e 93 del D.Lgs. n. 81/2008, doveva coincidere con il progettista per la fase di progettazione dell’opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell’opera e successivamente a quella data, con la modifica della definizione prevista dal D. Lgs. nr. 106/2009, è venuto meno il requisito professionale pertanto:

“c) responsabile dei lavori: soggetto che può essere incaricato dal committente per svolgere i compiti ad esso attribuiti dal presente decreto; nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile dei lavori è il responsabile del procedimento”.

Questo significa che chiunque può essere il responsabile dei lavori, purchè riceva un incarico specifico, meglio se ricorrendo, secondo la giurisprudenza della Cassazione, alla forma di delega di funzione di cui all'articolo 16 del D.Lgs. n. 81/2008 così da liberare quanto più possibile il committente dalle funzioni che gli sono proprie con tutte le responsabilità che ne conseguono.

Il Ministero del Lavoro ha anche precisato, con la circolare nr. 41/1997 che “nell’ipotesi in cui il committente designi un responsabile dei lavori per l’adempimento degli obblighi sopra richiamati, il relativo incarico può essere affidato sia ad un lavoratore subordinato, sia ad un lavoratore autonomo con contratto di tipo professionale

L’articolo 89 comma 1 lettera c) del D. Lgs. nr. 81/2008 contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro recita: [c) “responsabile dei lavori: soggetto che può essere incaricato dal committente per svolgere i compiti ad esso attribuiti dal presente decreto; nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile dei lavori è il responsabile del procedimento”]. Tale articolo non opera automaticamente, dato che il responsabile dei lavori deve essere destinatario di uno specifico incarico e, eventualmente, fornito di una specifica delega da parte del committente.

Da tenere quindi bene a mente che il legislatore, nel prevedere l'esonero del committente dalle responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro nel cantiere, lo ha subordinato alla nomina di un responsabile dei lavori nell'ambito, però, della delega ad esso conferita. Alla nomina del responsabile dei lavori si deve pertanto imprescindibilmente accompagnare un atto di delega con il quale gli si attribuiscano poteri decisionali, con conseguenti oneri di spesa o, più in generale, la determinazione della sfera di competenza che gli viene attribuita”.

Spesso nei cantieri edili il ruolo del responsabile dei lavori e quello del commettente si sovrappongono ma nel momento in cui il committente nomina un responsabile dei lavori si sgrava completamente da qualsiasi responsabilità.

Nel caso in cui il cantiere comprenda un importo complessivo inferiore a 100mila euro le due figure possono essere ricoperte dallo stesso responsabile sempre che, ovviamente, abbia i requisiti professionali e formativi necessari per ricoprire le mansioni richieste.

Secondo l’articolo 90 il responsabile dei lavori ha il dovere di verificare il rispetto delle misure di tutela generali previste dall’articolo 15 del D. Lgs 81/08 al momento dell’atto della previsione di durata dei lavori ed al momento delle scelte organizzative, tecniche e architettoniche; deve inoltre verificare la regolarità contributiva delle imprese, verificando inoltre l’idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, dei lavoratori autonomi e delle imprese esecutrici nei cantieri in cui gli operai giornalieri siano inferiori a 200.

Deve richiedere alle imprese esecutrici una dichiarazione dell’organico medio annuo corredata dagli estremi delle denunce dei lavoratori effettuate all’INPS, all’INAL ed alle casse edili.

Prima dell’inizio dei lavori deve anche trasmettere all’ASL locale ed alla direzione provinciale del lavoro una copia della notifica preliminare prima dell’inizio dei lavori oggetto “del permesso di costruire o denuncia di inizio attività”. Tale notifica deve contenere: la data della comunicazione, l’indirizzo del cantiere, l’indicazione del committente, la natura dell’opera, l’indicazione del responsabile dei lavori, del coordinatore per quanto riguarda la sicurezza e la salute durante la progettazione dell’opera, del coordinatore per quanto riguarda la sicurezza e la salute durante la realizzazione dell’opera, la data presunta di inizio dei lavori in cantiere, la durata presunta dei lavori in cantiere, il numero massimo presunto dei lavoratori sul cantiere, il numero previsto di imprese e di lavoratori autonomi sul cantiere e l’ammontare complessivo presunto dei lavori.

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