08 Set
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Si sente spesso parlare, per piccoli consumi, della possibilità di installare il cosiddetto fotovoltaico da balcone ma, per capire se effettivamente questa soluzione apparentemente economica e di facile installazione possa effettivamente contribuire ad abbassare le spese legate alla bolletta della luce.

Il fotovoltaico da balcone consiste in un unico pannello solare da installare sul proprio balcone di casa, agganciandolo direttamente alla ringhiera o al parapetto o, anche, posizionandolo con un’inclinazione appropriata, quindi di almeno 20°-30°, sul pavimento del terrazzo.

Condizione indispensabile per un buon funzionamento è che il pannello riceva l’irradiazione luminosa per buona parte della giornata e questo significa che l’installazione ottimale è verso sud perché, già a est- ovest in inverno, in considerazione del posizionamento a filo lungo la ringhiera del balcone, si ha un significativo calo di efficienza, anche del 50%.

L’efficienza di un kit fotovoltaico da balcone varia, naturalmente, in base alla potenza del pannello che, in genere, è da 1,2 kWh o da 2,4 kWh, così come da quanti se ne installano tenendo conto che al massimo, in base allo spazio disponibile, se ne possono installare fino a 3 ottenendo, in questo modo, una generazione di corrente elettrica globale di circa 1.200kW/h all’anno.

Considerando che, mediamente, un nucleo familiare necessita di 2.700kW/h annui, il vantaggio economico installando, il caso più probabile, un pannello plug & play da 350W sul balcone può portare ad un risparmio annuo in bolletta di circa 90,00 Euro.

Il singolo pannello in silicio monocristallino può raggiungere un picco di 340W, arrivando a erogare nelle ore più soleggiate quasi 300W che possono venire utilizzati in autoconsumo e, abbinandovi una batteria di accumulo, è possibile utilizzare la corrente anche durante le ore buie.

Attenzione che in inverno, con temperature inferiori ai 5°l’efficinza delle batterie diminuisce sensibilmente se si trovano all’esterno; inoltre le batterie di accumulo hanno un costo elevato, una durata limitata, soprattutto se al piombo, e la loro durata nel tempo viene ridotta se dovessero scaricarsi completamente, così come sovraccaricarsi.

La soluzione migliore sarebbe quindi quella di collegare il pannello fotovoltaico direttamente alla rete elettrica con un inverter, generalmente fornito insieme al kit del pannello fotovoltaico plug & play,

In alcuni modelli l’inverter è incorporato all’interno del pannello stesso.

Altro aspetto di cui tenere conto, una volta installato il pannello “fai da te” è che il generatore di corrente non venga a trovarsi a valle dei fusibili domestici perché, in caso di interruzione di corrente dalla rete, il pannello continuerebbe ad erogare corrente mantenendo attive le linee.

Resta un ultimo aspetto, a mio avviso il più importante, ovvero che per installare un pannello fotovoltaico sul parapetto del proprio balcone occorre rispettare un vincolo particolarmente stringente: non alterare il decoro architettonico dell’edificio ovvero di quell’insieme di linee che caratterizzano il fabbricato, al di là del fatto che lo stesso abbia, o meno, un effettivo pregio.

Questo significa che anche un palazzo di periferia è dotato di un proprio decoro architettonico che deve essere rispettato e questo comporta che molto difficilmente la presenza di uno o più pannelli fotovoltaici in facciata non vada ad impattare sull’estetica dell’edificio. Ecco perché non è possibile procedere in autonomia, così come non è possibile ricevere l’autorizzazione direttamente da parte dell’amministratore del condominio ma occorre passare preventivamente in sede di assemblea per valutare se vi siano o meno possibili contestazioni. Da sottolineare come l’assenza totale di possibili contestazioni la si possa avere solo ed esclusivamente a fronte dell’unanimità, intesa come espressione favorevole da parte di tutti, ma proprio tutti, i condomini comproprietari.

06 Set
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Riporto di seguito un interessante articolo di Marino Longoni pubblicato su Italia Oggi del 05 settembre 2022 intitolato Il Superbonus pensato per il Paese dei balocchi:

Chi ha progettato il superbonus edilizio probabilmente pensava che l’Italia fosse il paese dei balocchi. Come si può immaginare di avviare una massiccia operazione sul patrimonio immobiliare finalizzata all’efficientamento energetico finanziata completamente dall’erario? All’interno di una finestra temporale ristrettissima, per i tempi dell’edilizia, e per di più in un periodo caratterizzato dalla pandemia con tutti i problemi produttivi che ciò ha comportato? Infatti, il numero di asseverazioni depositate finora supera di poco le 220 mila, su un patrimonio immobiliare di oltre 12 milioni di edifici. Vuol dire che meno del 2% degli edifici ha potuto beneficiare del bonus ideato dai 5Stelle. Ma per raggiungere questo obiettivo il prezzo pagato dalla collettività è stato enorme. Sono 33 i miliardi stanziati finora per coprire i crediti d’imposta. Ma a questa cifra bisogna aggiungere l’aumento folle dei costi dell’edilizia, che ha finito per pesare anche su tutti gli interventi diversi dal 110%.  

Il 3 maggio di quest’anno il premier Mario Draghi, aveva denunciato davanti al parlamento europeo che “il costo di efficientamento è più che triplicato, grazie ai provvedimenti del 110%. I prezzi degli investimenti per attuare le ristrutturazioni sono più che triplicati perché il 110 toglie l’incentivo alla trattativa sul prezzo. Questi sono i risultati”. Pura follia. Semplicemente chi l’ha ideata non ha tenuto conto che il mercato è governato dalla legge della domanda e dell’offerta. E che se lo stato ti offre di pagarti i lavori di ristrutturazione della tua casa, saranno in molti quelli che accetteranno la gentile offerta. Questo ha dato una scossa, certamente, al settore dell’edilizia, un settore da sempre trainante per l’intero sistema economico. Ma è stato un elettroshock, che ha creato più problemi di quanti ne abbia risolti: l’improvviso venir meno della contrapposizione di interessi tra l’impresa edile e il proprietario, oltre all’aumento dei prezzi ha portato all’esplosione delle truffe e alla necessaria rincorsa del legislatore per arginarle (si sono contati ben 15 interventi legislativi in un paio di anni), con la conseguenza che ora i crediti d’imposta sono diventati molto difficili da spendere e questo ha messo in sofferenza tutto il settore, inoltre ora si scopre che i fondi stanziati non sono sufficienti a coprire tutti gli interventi ammessi e molti proprietari e molte imprese edili rischiano di trovarsi a metà del guado e di accorgersi che i crediti d’imposta non arriveranno. Qualcuno prevede infatti un tracollo del settore edilizio, il quale potrebbe uscire dall’operazione superbonus in condizioni peggiori di come ci era entrato.  

Ance Sicilia ha fatto notare qualche giorno fa che la situazione è potenzialmente esplosiva, perché chi ha iniziato i lavori e si ritrova col cantiere bloccato per l’impossibilità di cedere il credito rischia non solo di essere costretto a lasciare l’opera incompiuta, ma anche di dover restituire le somme ricevute con l’aggiunta di sanzioni. Problema aggravato dal fatto che le banche hanno deciso, come riportato da ItaliaOggi di giovedì scorso, di rendere più incisivi i propri controlli (anche per allontanare lo spettro della responsabilità solidale), con ispezioni mirate, sia on line, sia nei cantieri. Chissà se l’ideatore del superbonus pensava veramente di vivere nel paese dei balocchi oppure, più prosaicamente, ha messo in atto una gigantesca operazione di distribuzione di risorse pubbliche con l’obiettivo, molto concreto, di aumentare il proprio consenso elettorale. Obiettivo, comunque, fallito. 

04 Lug
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Il meccanismo su cui si basa l’incentivo noto come Superbonus è molto semplice: tutti i lavori volti alla riqualificazione energetica e/o all’adeguamento antisismico realizzati su un immobile, ovviamente rispettando determinati requisiti previsti dalla legge, generano un bonus fiscale pari al 110% del costo dei lavori potendosi, di fatto, realizzare gratuitamente i lavori guadagnando il 10% in più sul loro costo finale.

Per ottenere questo guadagno occorre prima eseguire, quindi pagare, i lavori per poi successivamente, nel corso di alcuni anni, recuperare sotto forma di detrazione fiscale quanto speso con un 10% aggiuntivo.

Da evidenziare come il sistema di cessione consente a tutti di accedere a questo meccanismo, anche ai soggetti privi di liquidità e di capienza fiscale sufficiente.

Il Legislatore, per immettere la liquidità necessaria a dare il via al meccanismo, ha introdotto quindi due importanti strumenti per consentire di dare il via ai lavori ovvero lo sconto in fattura e la cessione del credito.

Con lo sconto in fattura il beneficiario finale della detrazione può scegliere di cedere il proprio credito fiscale all’impresa che esegue i lavori consentendo, di fatto, al proprietario di non dover pagare i lavori eseguiti sul proprio immobile e all’impresa che li esegue, acquistando il credito, di recuperare quanto anticipato guadagnando un 10% aggiuntivo. Ovviamente l’impresa deve avere sufficiente liquidità per eseguire i lavori e un’adeguata capienza fiscale per utilizzare le detrazioni fiscali acquisite.

Con la cessione del credito l’impresa può cedere il credito acquisito a un istituto finanziario che potrà a sua volta recuperare quanto speso avendo la possibilità di guadagnare un 10% aggiuntivo.

In teoria tutto bene, quindi: l’utente finale ha la possibilità di riqualificare il proprio immobile gratuitamente, l’impresa può eseguire i lavori con la certezza del pagamento e l’istituto finanziario può fornire la liquidità guadagnando un 10% aggiuntivo.

All’inizio questo meccanismo ha funzionato bene e l’eccessiva semplicità con cui il credito poteva essere ceduto, anche più volte, ha dato vita ad un mercato parallelo di crediti fiscali che ha acquisito un poco alla volta dimensioni sempre maggiori a cui, purtroppo, si sono affiancate una serie di truffe di notevole entità spingendo il he, individuate dalle autorità e tutto ciò ha spinto il Legislatore a correre ai ripari creando dei paletti con il D.L. 157/2021 noto come Decreto antifrodi che ha esteso l’obbligo del visto di conformità alla documentazione e l’obbligo dell’asseverazione della congruità delle spese introducendo controlli preventivi da parte dell’Agenzia delle Entrate e limitato in maniera importante le possibilità di cessione multipla del credito. L’Agenzia delle Entrate, in una FAQ del 17/03/2022, ha pubblicato un utile schema esplicativo dei nuovi limiti alle cessioni. Queste nuove disposizioni se da una parte hanno ridotto le possibilità di ulteriori frodi ai danni dello Stato, dall’altra hanno prodotto una contrazione nel meccanismo di cessione dei crediti generando un’enorme difficoltà all’operatività delle imprese, soprattutto quelle medio-piccole, e rallentando il sistema fino, in alcuni casi, a portare al blocco dei cantieri dato che si sono ritrovate con il proprio cassetto fiscale pieno senza avere più la possibilità di cedere il credito acquisito con una conseguente e inevitabile riduzione della liquidità disponibile.

La domanda, oggi, è se queste nuove disposizioni, a meno di possibili ulteriori modifiche da parte del Legislatore, abbiano di fatto in molti casi chiuso le porte impedendo definitivamente l’accesso al Superbonus.

 

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