Riuscirà a partire il Superbonus? E sarà veramente gratuito come tutti leggono e sperano?
Personalmente, di seguito cercherò di illustrarne i motivi, ho non poche perplessità in merito.
Come noto le modalità per usufruire del Superbonus 110% sono tre:
La prima modalità, portare il costo in detrazione in cinque anni, pur essendo molto vantaggiosa comporta inevitabilmente un esborso monetario immediato da parte del proprietario dell’immobile, tagliando fuori dal beneficio i redditi incapienti e tutti coloro che non abbiano sufficiente liquidità da anticipare.
La seconda modalità, quella della cessione del credito alla banca, sicuramente non potrà riguardare il credito di imposta riferito ai redditi incapienti dato che la banca non vorrà certo accollarsi il rischio che il credito di imposta dei singoli condomini possa diminuire o azzerarsi del tutto e, in ogni caso, i redditi incapienti non avrebbero comunque la possibilità di aderire a questa possibilità.
La terza modalità, cedere il credito fiscale all’impresa che realizza i lavori, potrebbe risultare quella da percorrere ma, è bene averne consapevolezza, l’impresa dovrebbe essere di dimensioni tali da vantare un credito d’imposta almeno pari al costo dei lavori realizzati.
Al momento peraltro le principali banche italiane pare che non si accontenteranno di godere di quel 10% in più concesso in detrazione dallo stato per remunerale a fronte dell’accollarsi del credito dato che, a conti fatti, gli istituti verrebbero a percepire il 2% annuo per cinque anni. Parrebbe piuttosto che gli istituti bancari siano propensi a proporre di finanziare fino all’80-90% dei costi restando quindi un margine del 10-20% da coprire da parte dei proprietari degli immobili.
Se la situazione dovesse restare quella sopra descritta allora molto probabilmente il mercato resterebbe appannaggio di grosse aziende a livello nazionale, facilitate nell’accesso ai finanziamenti necessari da parte delle banche e che potrebbero offrirsi di realizzare i lavori subappaltandoli a ditte minori, magari anche indicate dagli stessi proprietari degli immobili trattenendosi, ovviamente, un margine come riconoscimento per il proprio apporto.
Alla data odierna tutto è ancora, purtroppo, abbastanza confuso soprattutto in attesa di capire cosa vorranno fare le banche che, pare, non siano disposte ad accontentarsi del margine del 10% riservato dallo stato nonostante i benefici legati alla liquidità a tassi negativi elargita da parte della Banca Centrale Europea.
Il Decreto Rilancio, come noto, utilizza la leva dell’innalzamento al 110% delle detrazioni fiscali per i lavori di efficientamento energetico e sismico degli edifici aggiungendovi la possibilità di trasformare le detrazioni in crediti d’imposta da cedere a terzi o alla ditta che esegue materialmente i lavori come sconto del prezzo per la realizzazione degli stessi ed ancora prima che ne uscisse la versione ufficiale è stato presentato, così come tuttora avviene, come una ghiotta occasione a disposizione dei cittadini per ristrutturare le proprie case completamente gratis.
Un messaggio tanto accattivante quanto errato e fuorviante oltre che decisamente pericoloso per il privato cittadino che si espone al rischio di cadere vittima di potenziali truffe; infatti da quando è stato pubblicato il Decreto moltissime ditte si propongono offrendo di eseguire gratuitamente lavori nell’ordine di diverse decine di migliaia di euro senza neanche effettuare preventivamente, chiaro segnale di comportamenti quanto meno leggeri se non poco corretti, uno studio di fattibilità.
È quindi particolarmente importante che il cittadino capisca bene come funziona il meccanismo previsto dal Decreto Rilancio, così da evitare di incorrere, abbagliato dalla facilità e dalla gratuità, in possibili abusi le cui conseguenze ricadrebbero inevitabilmente solo ed unicamente sulle sue spalle.
Ed infatti l’errore di fondo, con tutti i rischi che ne conseguono, sta proprio nel fatto che si possa ingenerare la convinzione che sia possibile ristrutturare la propria abitazione senza pagare un solo centesimo quando, invece, i lavori vengono pagati, eccome, cedendo il proprio credito d’imposta alla ditta che esegue i lavori o ad un terzo.
Pagare i lavori utilizzando il credito di imposta infatti non comporta assolutamente che siano gratuiti e la differenza non è teorica ma pratica; per capirlo basti pensare che, qualora l’Agenzia delle Entrate dovesse contestare il diritto a godere della detrazione e del credito, le conseguenze andrebbero automaticamente a ricadere direttamente sul cittadino che verrebbe chiamato a restituire all’Erario le somme contestate oltre agli interessi ed alle sanzioni previste.
Questo aspetto, se tenuto nella dovuta considerazione, porterà automaticamente il cittadino a tenere un comportamento più prudente valutando attentamente e consapevolmente le proposte economiche che gli vengono sottoposte, proprio come farebbe a cose normali, dovendo pagare direttamente di tasca propria.
Il rischio infatti è che la ditta possa attribuire un valore molto alto ai lavori traendone vantaggio, dato che riceve in pagamento il credito d’imposta, quando invece l’eccessiva valorizzazione dei lavori viene a costituire un rischio al quale si espone il cittadino che li ha ordinati accettando a scatola chiusa la proposta economica essendo chiamato a restituire la somma, oltre alle sanzioni ed agli interessi, in caso di comportamenti abusivi; è quindi importantissimo, una volta capito a quali potenziali rischi si può andare incontro, affidarsi soltanto ad operatori qualificati che prospettino delle soluzioni concrete e percorribili ed eseguire preventivamente delle rilevazioni e degli studi specifici sull’immobile per stabilire con certezza quali lavori possano essere realizzati, quale sia la loro reale quantificazione economica ed acquisire la necessaria certezza di potere godere del superbonus diffidando, invece, da chi propone condizioni estremamente vantaggiose facendo leva sulla presunta gratuità dei lavori e, magari come prima accennato, senza avere preventivamente effettuato quanto meno un sopralluogo tecnico.
ASSEMBLEE IN CORTILE? ASSOLUTAMENTE NO!
Le norma in materia di prevenzione da Covid-19 impediscono, come noto, l’utilizzo di molti di quei locali che fino a febbraio 2020 venivano utilizzati per lo svolgimento delle assemblee di condomino, tanto che qualcuno ha proposto, come soluzione, lo svolgimento delle assemblee in cortile.
Per prima cosa occorre richiamare il contenuto di una nota sentenza della Corte di Cassazione, la numero 14461 del 22 dicembre 1999, nella quale viene spiegato che “se il Regolamento di condominio non stabilisce la sede, l'Amministratore ha il potere di scegliere quella più opportuna per le riunioni, ma con il duplice limite che essa sia nei confini della città ove è ubicato l'edificio e che il luogo sia idoneo, fisicamente e moralmente, a consentire a tutti i condòmini di esser presenti e di partecipare ordinatamente alla discussione”.
Spetta quindi all’amministratore del condominio individuare il luogo migliore per lo svolgimento dell’assemblea accollandosi, conseguentemente, le responsabilità che derivano da tale scelta e, tralasciando quelle legate alle norme in materia di prevenzione da Covid-19 appare in tutta la sua evidenza l’impossibilità di garantire il rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia di privacy la cui disciplina prevede come ogni trattamento debba avere una finalità e debba essere svolto avendo come punto di inizio e punto di fine la protezione dei dati personali.
Facile capire come vi siano non poche criticità nello svolgimento di un’assemblea che non sia a porte chiuse o in un luogo dove risulti molto difficile, per non dire impossibile, impedire l'accesso ai non aventi diritto a partecipare alla stessa come, appunto, il cortile di un condominio dove chiunque può accedervi così come chiunque non autorizzato potrebbe ascoltare dalle finestre.
Da tenere anche in considerazione una seconda difficoltà, sia pure minore ma che potrebbe comunque inficiare il corretto svolgimento dell’assemblea, ovvero l’impossibilità di prevedere con certezza, quelle che potranno essere le condizioni meteo, che potrebbero rivelarsi avverse, nel giorno e nell’orario previsti per lo svolgimento dell’assemblea, sia in prima che in seconda convocazione, dovendo procedere alla convocazione nel rispetto delle tempistiche espressamente previste dal codice civile.
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