05 Mar
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Per mantenere efficienti e come nuove le tende da sole il più a lungo possibile basta poco, infatti con una manutenzione ordinaria e poche attenzioni corrette è possibile garantire il loro funzionamento e la loro durata nel tempo.

Di seguito alcuni consigli:

  1. Vento, pioggia e neve sono i principali nemici da cui guardarsi, pertanto quando si vede che il tempo peggiora è ben chiudere le tende da sole prima che si bagnino o che il vento possa strapparle con il pericolo di danneggiare anche persone e cose.
  1. Verificare sempre che il telo sia sempre ben teso, in questo modo quando la tenda si apre e si chiude non compia movimenti anomali che alla lunga possono portare a disassamenti del rullo.
  1. Con l’arrivo delle stagioni più calde aumenta la frequenza di utilizzo delle tende ed è quindi il momento migliore per procedere ad eseguire un controllo ed una manutenzione approfondita verificando con attenzione che i bracci ed il rullo siano in buone condizioni e si muovano liberamente senza impedimenti o cigolii e che la tenda sia ben tesa e che scorra senza impedimenti nelle proprie guide.
  1. Per un corretto funzionamento di tutte le parti mobili è bene ingrassare con regolarità tutte le parti meccaniche come snodi, bracci e argani.
  1. Per evitare che si crei la muffa sui teli occorre vitare di riavvolgerle quando sono bagnate, pertanto se non si dovesse fare n tempo prima che i bagnino occorre riaprirle appena possibile così che possano asciugarsi completamente.
  1. La tenda da sole deve essere pulita rimuovendo la presenza di eventuali detriti e fogliame che si fossero depositati sul telo e sulle parti mobili.
  1. Anche tutte le parti metalliche che compongono la tenda da sole, che vanno dal rullo avvolgitore sia esso manuale o motorizzato, fino alle guide di passaggio della tenda hanno bisogno di una costante manutenzione ordinaria.
  2. Esse devono infatti essere pulite periodicamente per mantenere questo meccanismo, fondamentale per il funzionamento della tenda o pergola, e devono essere tenuti in perfetta efficienza.

Queste procedure, come detto, andrebbero ripetute con periodicità, ancor di più se la tenda è esposta continuamente a smog o detriti, e come regola andrebbe eseguita con meticolosità al termine della stagione estiva così da richiuderla pulita ed asciutta così da evitare che con la stagione fredda ed umida si forino sul telo marciume e muffe.

10 Gen
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L’esigenza dell’espletamento dei bisogni fisiologici dei cani d’affezione e quello dei proprietari dei beni che ne vengono imbrattati vengono a scontrarsi, ancor quando ci si trova all’interno di un condominio.

L’utilizzo delle parti comuni del condominio dovrebbe sempre avvenire nel rispetto della legge e dovrebbe prevalere sempre ed in ogni caso il rispetto altrui ma se questo non avviene, come purtroppo spesso accade, come ci si può tutelare?

Dal punto di vista giuridico generalmente si fa riferimento all’ordinamento comunale ed al codice della strada; il primo, ovviamente, si limita a regolamentare la materia facendo riferimento alle aree pubbliche o ad uso pubblico mentre il secondo all’articolo 15, comma 1 lettera F vieta e sanziona l'imbrattamento della stessa e delle sue pertinenze.

Quando ci si trova sulla proprietà condominiale queste norme ovviamente non trovano applicazione, avendo valenza solo per le parti pubbliche o aperte al pubblico, anche se, talvolta, i giudici le prendono in considerazione anche per le aree private con il fine di valutare i comportamenti oggetto del loro esame ed il regolamento di condominio, come è facilmente comprensibile, è valido ed opponibile solo nei confronti dei condomini o dei loro ospiti per i quali risultano essere responsabili.

Nel caso che i proprietari che permettono ai propri cani di lordare le parti comuni siano dei condomini l’amministratore può inviare delle circolari di richiamo generico a tutti così come, qualora identificati chiaramente, richiamarli a mezzo lettera raccomandata

Va detto peraltro che in questo caso è indispensabile che vi sia la certezza dell’identificazione e la possibilità di dimostrare inconfutabilmente la responsabilità del condomino; quindi l’amministratore non potrà certo basarsi su una semplice segnalazione ricevuta da parte di un altro condomino che, come molto spesso accade, vuole anche restare anonimo.

Una volta richiamato ufficialmente, qualora il proprietario del cane dovesse persistere nel proprio comportamento incivile è possibile fare ricorso al codice penale che prevede il reato di imbrattamento di cose altrui all’articolo 639 intitolato: Deturpamento e imbrattamento di cose altrui.

Detto articolo recita testualmente: ”Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 103,00 Euro.

Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300,00 a 1.000,00 Euro.

Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000,00 a 3.000,00 Euro. Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000,00 Euro. Nei casi previsti dal secondo comma si procede d'ufficio”.

C’è poi anche l’articolo 635 del codice penale che riguarda il reato più grave di danneggiamento, che compie “chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili”

Recentemente si è espressa in materia anche la Corte di Cassazione con sentenza nr. 7082 del 2015 con la quale ha stabilito che il comportamento di cui sopra rientra nella fattispecie di imbrattamento, definito come “un'azione che consiste nell'insudiciamento, prodotto con qualsiasi mezzo ed in qualsiasi modo idoneo, della cosa altrui - essendo irrilevante che l'alterazione sia temporanea o superficiale e che la res possa essere facilmente reintegrabile nel suo aspetto originario anche con modesta spesa”.

Occorre quindi verificare la presenza del dolo, cioè l'elemento soggettivo così che tale comportamento possa rientrare nella fattispecie appena descritta piuttosto che nella colpa; infatti in questo secondo caso non vi sarebbe il reato di deturpamento e di imbrattamento e questo in quanto se la legge non specifica diversamente, i delitti sono punibili solo per dolo::

Da segnalare come il reato ex articolo 639 del codice penale sia considerato delitto.

Ovviamente la presenza della volontà deve essere verificata caso per caso, pertanto nella sentenza di cui sopra la Suprema Corte ha escluso l'illecito in quanto il proprietario del cane, pur colpevole di malgoverno dell'animale, si era però subito affrettato a versare dell'acqua dalla bottiglietta che aveva con sè.

La Corte nelle proprie conclusioni afferma che “la possibilità che un cane condotto sulla pubblica via possa quindi imbrattare beni di proprietà di terzi è frutto di un rischio certamente prevedibile ma non altrimenti evitabile, non essendo ipotizzabile che l'animale sia costretto ad espletare i propri bisogni fisiologici all'interno di luoghi di privata dimora (o comunque di ambienti chiusi) privi di pertinenze esterne (cortili, giardini, ecc.). Da quanto sopra quindi deriva che si può richiedere, a chi conduce un cane sulla pubblica via, solo un corretto governo di tale inevitabile rischio, ad esempio attraverso la possibilità di una attenta vigilanza sui comportamenti dell'animale, attraverso la possibilità di limitarne la totale libertà di movimento utilizzando un guinzaglio, come peraltro previsto dalle norme vigenti, o comunque intervenendo con atteggiamenti tali da farlo desistere, quantomeno nell'immediatezza, dall'azione”.

Difficile quindi, come si può ben capire dalla lettura di quanto sopra esposto, mettere in atto azioni efficaci nei confronti di quei condomini che lasciano che il proprio cane lordi le parti comuni; ancor più, direi quasi impossibile, nei confronti di chi non è neanche condomino e la cui identificazione, ovviamente, risulta pressocchè impossibile.

31 Mag
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Cos’è l’Acqua Calda Sanitaria?

acqua calda che viene prodotta dalla caldaia per utilizzarla sia in bagno che in cucina.

Si può bere o utilizzare per la cottura dei cibi?

L’acqua calda sanitaria viene prodotta riscaldando l’acqua fredda proveniente dall’acquedotto e che, pertanto, è potabile; tuttavia durante la fase di riscaldamento può subire alcune lievi alterazioni che ne rendono sconsigliabile l’utilizzo alimentare.

Viene trattata?

La normativa vigente prevede che l’acqua calda sanitaria debba essere erogata con una “durezza” prestabilita, ovvero che abbia un contenuto di calcio e di magnesio che non risultino superiori a determinati valori limite. Nel caso in cui l’acqua proveniente dall’acquedotto dovesse risultare con valori di “durezza” elevati, come avviene in determinate aree geografiche, allora generalmente viene installato un sistema, chiamato addolcitore, che riporta questi valori entro i limiti previsti trattenendo i sali di calcio e di magnesio indesiderati.

La legionella

E’ un batterio che, in determinate condizioni, prolifera nell’acqua calda e che se inalato grazie ad esempio alla nebulizzazione dell’acqua come avviene in doccia, può provocare una seria malattia polmonare, soprattutto in soggetti già debilitati. Per questo motivo l’acqua calda, come prevenzione, viene spesso trattata con prodotti specifici o subisce riscaldamenti periodici oltre i 70°C, detti shock termici, allo scopo di eliminare e/o contrastare la presenza della legionella.

I trattamenti con prodotti chimici rendono l’acqua non potabile?

I prodotti utilizzati non possono contenere sostanze tossiche o nocive per la salute; resta tuttavia sconsigliato utilizzare l’acqua calda per usi alimentari.

Che temperatura deve avere l’acqua calda sanitaria?

La normativa prevede che l’acqua venga riscaldata a 48°C, con una tolleranza di 5°C in più. Naturalmente in base alla lunghezza delle tubazioni dalla centrale termica ai vari punti di prelievo questa temperatura può diminuire di qualche grado, soprattutto se l’impianto è vecchio e poco isolato.

All’ultimo piano prima di avere acqua calda devo fare scorrere tutta l’acqua fredda che c’è all’interno dei tubi!

Negli impianti centralizzati è previsto un sistema di ricircolo che mantiene calda l’acqua all’interno della tubazione principale fino all’ultimo piano; ovviamente nelle ore di minore utilizzo nei punti più lontani dalla centrale termica può rendersi necessario attendere qualche istante prima che dal rubinetto esca l’acqua calda come desiderato.

Per avere acqua calda devo aspettare che prima esca molta acqua fredda, che naturalmente pago come calda: è giusto?

Generalmente la colonna dell’acqua calda proveniente dalla centrale termica passa in prossimità del contatore dei singoli alloggi e vicino al contatore l’acqua deve uscire dopo pochi secondi; più ci si allontana da questo punto, e più acqua occorre fare uscire dal rubinetto prima che arrivi calda; questo in quanto prima deve uscire dalla tubazione tutta l’acqua presente nel tratto compreso tra il contatore ed il rubinetto, la cui temperatura, naturalmente, è diminuita durante il periodo di stazionamento all’interno della tubazione.

Anche vicino al contatore l’acqua calda tarda ad uscire.

Occorre far verificare l’impianto al gestore della centrale termica che, grazie all’utilizzo di opportuni strumenti, può verificare come sia meglio intervenire.

A volte l’acqua scotta

Prima di utilizzare l’acqua calda è buona regola saggiarne la temperatura, soprattutto se si viene utilizzata su bambini; infatti l’impianto potrebbe avere un difetto di regolazione o essere in fase di riscaldamento antilegionella, anche se in questo caso l’operazione viene sempre eseguita durante le ore della notte proprio per evitare che vi possano essere prelievi. Eventualmente occorre segnalare tempestivamente la problematica al gestore dell’impianto.

Dal rubinetto l’acqua esce spruzzando o esce in modo non uniforme

E’ probabile che il rompigetto presente sul rubinetto si sia otturato. Per risolvere l’inconveniente occorre svitare il rompigetto, lavarlo ed immergerlo per alcune ore in un prodotto anticalcare per uso domestico concentrato o, più semplicemente, in aceto di vino puro; successivamente sciacquarlo e disinfettarlo in Amuchina diluita o alcool etilico denaturato lasciandovelo a bagno per circa 30 minuti. Rimuovendo il calcare, infatti, si liberano tutti i forellini da cui passa l’acqua e disinfettando gli erogatori si contrastano efficacemente le condizioni che possono predisporre alla proliferazione di batteri ed altri agenti patogeni. E’ comunque consigliabile sostituire ogni anno le guarnizioni ed i filtrini rompigetto.

Dal rubinetto esce acqua rossastra

Potrebbero essere stati eseguiti degli interventi sulle condutture, anche sulla strada, smuovendosi in tale modo la fanghiglia che normalmente aderisce alle tubazioni. Lo stesso fenomeno può presentarsi dopo un periodo prolungato di mancato utilizzo del rubinetto. Fare correre l’acqua fino a che non ritorna al colore normale. Se il problema persiste allora è possibile che sia in atto un fenomeno di ossidazione all’interno delle tubazioni.

Quanto costa l’acqua calda?

Il costo a metro cubo consumato di acqua calda è determinato dalla somma del costo dell’acqua fredda con il costo relativo alla produzione della stessa, ovvero il costo del combustibile e dell’energia elettrica consumati oltre ad altre voci relative ai costi di gestione della centrale termica.

Mi è stato addebitato un consumo di acqua calda che non ritengo di avere mai utilizzato!

La prima cosa da fare è verificare il corretto funzionamento del proprio contatore segnandosi periodicamente le letture rilevate. E’ da tenere presente che anche le piccole perdite di acqua dai rubinetti, apparentemente innocue, provocano un consumo costante di acqua che può incidere sui consumi finali anche in maniera sensibile.

Come posso fare per ridurre i consumi di acqua?

Mantenendo aperti i rubinetti solo lo stretto necessario, evitando in tale modo di fare scorrere inutilmente l’acqua, e preferire l’utilizzo della doccia piuttosto che della vasca.

Quali sono le normative di riferimento per la qualità dell’acqua e cosa prevedono?

Il DLgs 31/2001 per le acque destinate al consumo umano e le acque potabili.
Le linee guida 2008 regionali e 2015 nazionali per la prevenzione della legionellosi
L’amministratore è responsabile della qualità dell’acqua dal punto di consegna, allacciamento, dall’acquedotto, pertanto è bene che faccia eseguire un’analisi annuale della qualità dell’acqua post addolcitore o post stoccaggio, meglio se direttamente dai rubinetti di alcuni appartamenti, lontano quindi dal punto di consegna.

Cosa prevedono le normative in materia di legionella?

Prevedono una corretta informazione sul rischio legionellosi e, per gli impianti centralizzati, che venga eseguito un monitoraggio almeno nei serbatoi di raccolta dell’acqua e nei ricircoli allo scopo di verificare che non vi sia una presenza del batterio superiore ai limiti massimi consentiti.

Ultima modifica il Giovedì, 01 Giugno 2017 08:08

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