In assemblea al termine della discussione in merito ai vari punti posti all'ordine del giorno, è necessario deliberare, ovvero prendere una decisione che diventa obbligatoria per tutti i condomini come previsto dall’articolo 1137, primo comma, del codice civile.
Fatta eccezione per i casi di nullità, che possono essere rilevati in qualsiasi momento, se la delibera non viene impugnata per presunti suoi vizi diventa definitiva comportando l’impossibilità, da parte dei condomini, di potersi sottrarre agli effetti che andrà a produrre.
Ad esempio, qualora siano stati deliberati interventi di riparazione straordinaria di notevole entità, rispettando la corretta procedura di convocazione e deliberazione nel pieno rispetto di quanto prescritto dalla legge, tutti i condomini saranno tenuti a partecipare alle spese.
La forza del deliberato arriva fino al punto che se un comproprietario decidesse di sottrarsi all'obbligo contributivo, potrebbe vedersi notificata un'ingiunzione di pagamento immediatamente esecutiva che, nei casi più gravi, potrebbe portare fino al pignoramento dell'unità immobiliare.
Ma andiamo ad esaminare il caso in cui i condomini, dopo avere deliberato una determinata opera o presa una particolare decisione, dovessero cambiare idea e volessero sostituire la decisione adottata con un’altra diversa o, addirittura, di segno opposto.
E’ sicuramente possibile procedere in tale senso ma le modalità e gli effetti variano a seconda della deliberazione da sostituirsi.
Partiamo dall'ipotesi in cui una deliberazione sia stata adottata con il consenso di tutti i condomini; in questi casi, come in tutti gli altri in cui si decide all'unanimità, per modificare la decisione presa è necessario essere nuovamente tutti d'accordo.
Se invece il provvedimento è stato preso a maggioranza, come detto dalla Corte di Cassazione con sentenza nr. 517/82 la sostituzione della deliberazione precedentemente adottata deve avvenire con le stesse maggioranze previste dalla legge per l'adozione di quella decisione.
S'ipotizzi che sia stata scelta, per l'esecuzione degli interventi di risanamento, la ditta Alfa ma che, prima della stipula del contratto, i condomini abbiamo deciso di voler cambiare l'appaltatore.
In questi casi, per poter operare tale cambiamento, sarà necessario che la deliberazione successiva sia adottata con la stessa maggioranza prevista per la deliberazione dei lavori straordinari di notevole entità (e quindi la maggioranza degli intervenuti all'assemblea ed almeno 500 millesimi).
Infine , nel caso di sostituzione di una deliberazione invalida, magari che sia stata impugnata per dei vizi che ne comportino l'annullabilità, o nel caso che si voglia modificarla proprio per prevenire un probabile ricorso, dovrà essere applicato per analogia l'articolo 2377, quarto comma, del codice civile che recita: “L'annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dell'atto costitutivo”
Anche in questi casi i quorum per la nuova delibera sono quelli necessari per la deliberazione che si andrà a sostituire.
Fonte: Lavori in casa.it
Quando un condominio è solito fumare le sigarette fuori dal balcone e l’odore si avverte nell’appartamento soprastante costringendo il proprietario a mantenere chiuse le finestre
L’unica norma del codice civile che si occupa di casi del genere si riferisce al divieto di immissioni di fumo o calore che superino la normale tollerabilità ed è l’articolo 844: una previsione del tutto generica che deve essere, di volta in volta, interpretata dal giudice anche alla luce delle situazioni concrete quali la collocazione geografica dell’immobile, l’eventuale presenza di inquinamento ambientale dovuta al traffico, e via dicendo.
Insomma, laddove il fumo, come ad esempio quello di un barbecue, possa generare un fastidio intollerabile al vicino, questo può essere vietato con un ricorso al giudice che, molto probabilmente, si affiderà alla valutazione di un consulente tecnico nominato affinché verifichi se, effettivamente, l’immissione è così insopportabile come sostenuto dalla parte ricorrente.
Questa valutazione, come detto, deve tenere conto delle situazioni concrete in cui si verifica l’episodio, infatti un ambiente inquinato e già di per sé stesso ricco di esalazioni potrebbe rendere del tutto irrilevante, e addirittura non percepibile, il fumo di una sigaretta, mentre potrebbe essere diversa la valutazione in una zona di campagna.
In verità però va detto che, per quanto fastidioso, in astratto il fumo di una sigaretta – peraltro assorbito dall’aria in modo abbastanza rapido – non sia tale da generare una turbativa così insopportabile da giustificare il ricorso al giudice salvo dimostrare, con appositi certificati medici, particolari patologie alle vie respiratorie che potrebbero effettivamente rendere insostenibile l’inalazione del fumo passivo. In questo caso, sarà possibile ricorrere al Giudice di Pace affinché, oltre ad inibire al vicino di casa, per il futuro, il comportamento oggetto del ricorso, disponga la sua condanna a un congruo risarcimento del danno morale.
Si dubita anche che il regolamento di condominio, salvo che non sia venga approvato all’unanimità, possa vietare ai condomini di fumare nella proprietà individuale non potendo il godimento di quest’ultima essere limitato se non con approvazione da parte dello stesso proprietario.
Il discorso potrebbe sensibilmente cambiare quando a fumare non sia una sola persona ma una pluralità di persone come avviene nel caso in cui il proprietario del primo piano sia costretto a subire il fumo passivo dei frequentatori del bar posto al piano terra.
E la Cassazione proprio in un caso similecon sentenza nr 7875/2009 ha dato ragione alla famiglia di un inquilino, a cui è stato riconosciuto il risarcimento del danno di 10.000,00 Euro, per via delle immissioni moleste di fumo di sigarette. In questo caso non ci sarebbe bisogno neanche di documentare problemi respiratori: l’ingente propagazione di fumo da sigaretta è, infatti, un danno in sé per sé risarcibile.
Fonte: Laleggepertutti.it
La legge n. 220/2013 ha introdotto nuove regole sulla convocazione dell'assemblea, la prima è che deve essere effettuata in forma scritta utilizzando la raccomandata, anche a mano, il fax o la Pec.
La convocazione dell'assemblea, sia ordinaria che straordinaria è in linea di principio un atto riservato all'amministratore, infatti le delibere prese in un’assemblea convocata senza il rispetto dell’iter indicato dall’art. 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile o su iniziativa di un condomino pur in presenza dell’amministratore, sono annullabili anche se vi sia presente l’amministratore come da sentenza di Cassazione nr. 3139/1973.
La nuova legge ha introdotto alcune nuove disposizioni che in alcuni casi specifici attribuiscono l'iniziativa della convocazione anche ai singoli condomini e prevede che, anche individualmente, il condomino possa chiedere all'amministratore la convocazione dell'assemblea.
L’assemblea, sia ordinaria che straordinaria, può essere convocata quindi:
- - da ciascun condomino,
- - quando manca l’amministratore;
- - quando l'amministratore cessa dall'incarico per perdita dei requisiti indicati nelle lettere a) b) c) d) ed e) dell’art. 71 bis delle disposizioni di attuazione del codice civile, ovvero il godimento dei diritti civili o dei requisiti di onorabilità, ed in questo caso ciascun condomino può convocare l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore come previsto dall’articolo 71-bis, 4° comma delle disposizioni di attuazione del codice civile;
- - da almeno due condomini che rappresentino almeno un sesto del valore dell’edificio quando, una volta che abbiano inoltrato la richiesta di convocare un’assemblea all’amministratore, questi non vi abbia provveduto entro il termine di dieci giorni dal ricevimento: in questo caso i condomini richiedenti possono provvedervi direttamente come previsto dall’articolo 66, comma 1, delle disposizioni di attuazione del codice civile; da tenere presente che in questo specifico caso è vietato autoconvocarsi senza avere prima inoltrato una specifica richiesta all’amministratore. I condomini interessati alla convocazione possono chiedere gli indirizzi degli altri all'amministratore in quanto, nell'ambito del condominio, per i rapporti interni tra i condomini e la corretta gestione del condominio stesso, non opera la normativa sulla privacy ex D. Lgs 30 giugno 2003, n. 196.
- - dal curatore speciale nominato dal tribunale, allorché, per qualsiasi causa manchi l'amministratore, e un condomino o un terzo intenda iniziare o proseguire un giudizio nei confronti del condominio come previsto dall’articolo 65 delle disposizioni di attuazione del codice civile.
L’amministratore, in linea di principio, non ha l’obbligo di convocare l’assemblea su richiesta di un solo condomino, ma lo è quando il singolo condomino
- - sia interessato all’adozione di innovazioni che mirano ad opere e interventi “agevolati”; in questo caso la convocazione dovrà effettuarsi entro trenta giorni dalla richiesta come previsto dall’articolo 1120, comma 3 del codice civile;
- - voglia denunciare gravi irregolarità fiscali o la mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente postale o bancario intestato al condominio ed in questo caso i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore come previsto dall’articolo 1129, comma 11, del codice civile;
- - voglia tutelare la destinazione d’uso delle parti comuni come previsto dall’articolo 1117 quater del codice civile;
- - sia interessato, anche il conduttore, all’installazione di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva o di produzione di energia da fonti rinnovabili che comportino modifiche alle parti comuni come previsto dall’articolo 1122-bis, 3° comma del codice civile;
- - voglia ricorrere all’assemblea, come previsto dall’articolo 1133 del codice civile, contro i provvedimenti presi autonomamente dall’amministratore.
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